lunedì 26 febbraio 2018

26 febbraio




26 febbraio:
compleanno mancato,
mia dolce sorella.
Ma l'amore non muore ...
Grazie

venerdì 23 febbraio 2018

M'illumino di meno e cammino di più ...

     Cambiare passo per salvare la Terra: è questo il senso di 'M'illumino di meno', la grande campagna di sensibilizzazione ideata dal programma radiofonico Caterpillar per la 'Giornata del risparmio energetico' e quest'anno dedicata alla "bellezza del camminare".
L'appuntamento è per venerdì 23 febbraio, dalle 18 alle 20, orario in cui chi vorrà partecipare dovrà compiere gesto simbolico di spegnere la luce. Molteplici sono le adesioni istituzionali e del mondo della cultura: e quest'anno anche lo Sport farà la sua parte, con il Ministero insieme a Coni e Fidal (Federazione Italiana di Atletica Leggera), che hanno donato tutti i passi compiuti dagli atleti durante il mese di campagna: sì perché l'obiettivo è raggiungere simbolicamente la Luna entro domani. E sono 555 milioni i passi necessari per colmare la distanza di 384.400 km. Camminare (e muoversi) per aiutare il pianeta: "L'invito è spegnere le luci e andare a piedi: - spiega la pagina di Caterpillar dedicata all'evento, giunto alla sua 14esima edizione -  (...)". 
E come ogni anno Caterpillar ripropone il decalogo (qui sotto) con le buone azioni che tutti possiamo adottare quotidianamente per contribuire alla causa (da qui)

1. spegnere le luci quando non servono.
2. spegnere e non lasciare in stand by gli apparecchi elettronici.
3. sbrinare frequentemente il frigorifero; tenere la serpentina pulita e distanziata dal muro in modo che possa circolare l’aria.
4. mettere il coperchio sulle pentole quando si bolle l’acqua ed evitare sempre che la fiamma sia più ampia del fondo della pentola.
5. se si ha troppo caldo abbassare i termosifoni invece di aprire le finestre.
6. ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che non lascia passare aria.
7. utilizzare le tende per creare intercapedini davanti ai vetri, gli infissi, le porte esterne.
8. non lasciare tende chiuse davanti ai termosifoni.
9. inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra i muri esterni e i termosifoni.
10. utilizzare l’automobile il meno possibile, condividerla con chi fa lo stesso tragitto. Utilizzare la bicicletta per gli spostamenti in città.

mercoledì 21 febbraio 2018

Tsukumogami, ecco la scodella con l’anima

           Anche gli oggetti hanno un’anima. In Occidente, lo ricorda Bertolt Brecht con questa lirica: Fra tutti gli oggetti i più cari sono per me quelli usati, storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame, i coltelli e forchette che hanno di legno i manici, lucidi per tante mani. Penetrati nell’uso di molti, spesso mutati, migliorano forma, si fanno preziosi perchè tante volte apprezzati persino i frammenti delle sculture, con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle, vissero per me. In Oriente, lo sanno da sempre in Giappone: gli oggetti possiedono un’anima, data dalla loro essenza, dal modo di usarli che li impregna del carattere delle persone che li adoperano. Gli spiriti degli oggetti si chiamano Tsukumogami e, secondo la credenza giapponese, esistono per ogni oggetto che abbia compiuto almeno cento anni ...
(continua su Il Punto Quotidiano)

lunedì 19 febbraio 2018

Compassione batte ubbidienza 1 a 0

Raoul Follereau in Africa
       Dobbiamo dirlo con chiarezza: Gesù ha disubbidito alla Bibbia, all’Antico Testamento, a ciò che prescriveva il testo del Levitico (...): di riconoscere nel lebbroso una condizione un’impurità al cospetto di Dio come se fosse responsabile di qualche peccato e delle conseguenze del peccato su di sé. Il lebbroso doveva essere tenuto lontano e ognuno doveva stare attento a non toccarlo e a non farsi toccare perché gli veniva contagiata la stessa impurità.
Il Vangelo, la bella notizia di oggi, è che l’obbedienza non è di per sé una virtù. Lo diceva don Milani: Bisogna fare attenzione a che cosa si obbedisce: ci sono leggi sbagliate, alle quali non dobbiamo obbedire; ci possono essere abitudini sbagliate e non vanno assecondate. Se la legge è giusta, cioè interpreta gli autentici bisogni della nostra umanità, allora va promossa, va rispettata, va incrementata la sua osservanza. 
In questo caso, la bellezza del Vangelo è in una parola: Gesù ebbe compassione, σπλαγχνίζομαι/splangkhnizomai verbo tipicamente femminile che fa riferimento alle viscere della donna, che sente con le viscere. Il problema del lebbroso diventò il problema di Gesù, a costo di sfidare, anche se a Gesù non interessava sfidare la legge, Gesù voleva annunziare un’altra cosa rispetto allo standard della legge: Gesù si commuove, fa sua la sofferenza del lebbroso, ufficialmente si fa carico dell’impurità prevista dalla legge, perché il Vangelo dice Stese la mano, lo toccò e poi gli disse: Sii purificato, ma lo guarì. (...)
Tutti noi siamo esposti al rischio di non capire, di non saperci fare carico di chi soffre, di chi ha un problema, perché è difficile condividere la sofferenza, il disagio di un altro. Ed è impegnativo perché poi dobbiamo fare qualcosa per alleviare la sofferenza, per sostenere chi è nel disagio e, se ci riusciamo, superare l’impedimento in cui è rimasto bloccato.
Il tenere lontano, il respingimento si può esprimere in tante forme, a livello individuale, collettivo, nazionale, internazionale. Il passaggio obbligato del Vangelo di oggi è la compassione, sentire dentro qualcosa, l’altro con la sua sofferenza, il suo problema, la sua difficoltà.
(...) Raccogliamo questa focalizzazione che l’evangelista Marco ci offre in questo passaggio della partecipazione di Dio alla vita nostra a partire dalle situazioni più difficili che noi tentiamo a tenere lontano o per non pensarci o perché tante volte non sappiamo cosa fare per risolverle … E intanto conviviamo con queste situazioni. Tante volte, pur non potendo fare granché, possiamo ascoltare, possiamo dire una parola o anche soltanto esprimere la nostra prossimità.

(sintesi dell'omelia pronunciata da don Cosimo Scordato l'11.2.18 nella chiesa di san Francesco Saverio a Palermo)

sabato 17 febbraio 2018

Italia, capitale mondiale della bellezza

         Non  ce l’ha fatta Agrigento ad essere nominata capitale italiana della cultura per il 2020, traguardo prestigioso conseguito da Parma. In Italia siamo comunque circondati da cultura e bellezza. Lo sapevate che deteniamo il record per numero di siti patrimonio mondiale dell’umanità? 
Cappella Palatina - PA (foto marid@solcare)


       L’Unesco nel 1972 ha deciso di identificare e dichiarare “patrimonio mondiale dell’umanità” i luoghi di particolare interesse storico, culturale, paesaggistico e artistico. Secondo l’ultimo aggiornamento, effettuato nel luglio 2017 nella riunione del 41° Comitato per il patrimonio dell’umanità, la lista è composta in totale da 1073 siti (di cui 832 inerenti beni culturali, 206 naturali e 35 misti) presenti in 167 nazioni.
      L’Italia (301.000 kmq di arte, cultura e bellezza) detiene il primato mondiale per numero di siti inclusi nella World Heritage List (53 siti),  seguita a ruota dalla Cina (52), e poi dalla Spagna (46), dalla Francia (43) e dalla Germania (42). Tra le regioni italiane, fanno la parte del leone Lombardia, Toscana, Sicilia e Campania. In particolare, la grandezza storica, naturale e culturale della Sicilia è testimoniata dal riconoscimento di ben sette siti: il Parco Archeologico di Agrigento, la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, le Isole Eolie, le città barocche della Val di Noto, Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica, il Monte Etna. Infine, il più recente prestigioso riconoscimento riguarda il percorso arabo-normanno di Palermo (che comprende Palazzo dei Normanni e Cappella Palatina, la Zisa, Cattedrale di Palermo, Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, Chiesa di San Cataldo e Ponte dell’Ammiraglio) con le cattedrali di Monreale e Cefalù.
Ma quali requisiti sono necessari a un luogo di particolare interesse storico, culturale, paesaggistico e artistico per  poter ambire alla qualifica di “sito patrimonio mondiale dell’umanità”? I siti designati devono essere di “eccezionale valore universale” e soddisfare almeno uno dei seguenti dieci criteri stilati dalla Conferenza generale dell’Unesco: 

  1. Rappresentare un capolavoro del genio creativo umano; 
  2. Testimoniare un cambiamento considerevole culturale in un dato periodo sia in campo     archeologico che architettonico che della tecnologia, artistico o paesaggistico; 
  3. Apportare una testimonianza unica o eccezionale su una tradizione culturale o della civiltà; 
  4. Offrire un esempio eminente di un tipo di costruzione architettonica o del paesaggio o tecnologico illustrante uno dei periodi della storia umana; 
  5. Essere un esempio eminente dell’interazione umana con l’ambiente; 
  6. Essere direttamente associato a avvenimenti legati a idee, credenze o opere artistiche e letterarie aventi un significato universale eccezionale (possibilmente in associazione ad altri punti); 
  7. Rappresentare fenomeni naturali o atmosfere di una bellezza naturale e di una importanza estetica eccezionale; 
  8. Essere uno degli esempi rappresentativi di grandi epoche storiche a testimonianza della vita o dei processi geologici;
  9. Essere uno degli esempi eminenti dei processi ecologici e biologici in corso nell’evoluzione dell’ecosistema; 
  10. Contenere gli habitat naturali più rappresentativi e più importanti per la conservazione delle biodiversità, compresi gli spazi minacciati aventi un particolare valore universale eccezionale dal punto di vista della scienza e della conservazione

Maria D'Asaro
I primi trenta Paesi del mondo per siti dichiarati dall'Unesco patrimonio dell'umanità

giovedì 15 febbraio 2018

Per chi voterà la signora con le tips?

        Pullman Palermo-Siracusa. Tra i passeggeri, un metro e ottanta di donna, infagottata in un giubbotto nero, ti colpisce per le unghia finte lunghe più di tre centimetri, adunche come quelle della matrigna di Biancaneve: nella mano destra, viola scuro su pollice, medio e mignolo, bianco, con spruzzate d’argento, su indice e anulare; uguali nella sinistra, tranne un azzurro vistoso sull’unghia del pollice sinistro. Noti anche un grosso orecchino a metà del lobo dell’orecchio destro. La signora passa il tempo con un gioco al cellulare, masticando una chewing-gum, con un movimento sempre uguale della mascella quadrata. A una sosta, ti sorprende il tono premuroso e gentile con cui il donnone si rivolge al ragazzo dodicenne al suo fianco: - Hai fame? Mettiti il giubbotto quando scendiamo, perché c’è freddo –  Nonostante le tips esagerate, la signora è un amore di mamma. E ora ti chiedi: per chi voterà il prossimo quattro marzo?
Maria D’Asaro

mercoledì 14 febbraio 2018

Sipario

The girl by the window (E.Munch,1893)





Giro
Di valzer
Sulle note stonate
Di un vecchio spartito.
Sipario.                   

martedì 13 febbraio 2018

Caro Fabrizio


Caro Fabrizio,
                        mi fai vibrare da quando ero ragazzina. Ogni tua canzone mi coinvolge nel profondo, mi emoziona, mi commuove. E poi la tua voce è speciale. 
                      Avrei potuto ascoltarti dal vivo, qualche anno prima che morissi, quando sei venuto a Palermo per un concerto. Quella volta magari avrei potuto salutarti, chiederti un autografo, stringerti la mano, sfiorarti … 
                  Ma quella sera il mio piccolino aveva 39 di febbre e così regalai il biglietto alla baby sitter. Hai ragione, caro Faber Femmine un giorno e poi madri per sempre.
              Ma io ti ho amato tantissimo e continuo ad amarti.

















domenica 11 febbraio 2018

Siracusa

Orecchio di Dionisio - Siracusa (foto maridasolcare)




Ascolto,
Parole danzanti,
Freccia di senso,
Ciclo vitale di cura …
Siracusa.












                                Istituto Neuroscienze Gestalt Therapy "Nino Trapani" - Siracusa

giovedì 8 febbraio 2018

Martin Buber: In principio è la relazione

«Ciascuno deve custodire e santificare la propria anima nel modo e nel luogo a lui propri, senza invidiare il modo e il luogo degli altri. »                                                 (M. Buber, Il cammino dell'uomo)
Martin Buber


Martin Mordechai Buber (Vienna, 8 febbraio 1878 – Gerusalemme, 13 giugno 1965) è stato un filosofo, teologo e pedagogista austriaco naturalizzato israeliano.

Si deve a lui l'emersione alla cultura europea del movimento hassidim, ma soprattutto a lui si deve l'idea che la vita è fondamentalmente non-soggettività, bensì intersoggettività, anzi per Buber soggetto e intersoggettività sono sincronicamente complementari e ne era talmente convinto che non esitò ad affermare: «In principio è la relazione».

       Nella sua opera più celebre - Io e Tu (Ich und Du) -Martin Buber sottolinea la propensione duplice verso il mondo: la relazione Io-Tu e la relazione Io-esso.
Né l'Io, né il Tu vivono separatamente, ma essi esistono nel contesto Io-Tu, antecedente la sfera dell'Io e la sfera del Tu. Così, né l'Io né l'esso esistono separatamente, ma esistono unicamente nel contesto Io-esso. La relazione Io-Tu è assoluta solo rispetto a Dio - il Tu eterno - e non può essere pienamente realizzato negli altri domini dell'esistenza, comprese le relazioni umane, dove sovente Io-Tu fa posto all'Io-esso (Io-Tu o Io-esso non dipendono dalla natura dell'oggetto, ma dal rapporto che il soggetto istituisce con l'oggetto). L'essere umano non può trasfigurarsi e accedere a una dimensione di vita autentica senza entrare nella relazione Io-Tu, confermando così l'alterità dell'altro, che comporta un impegno totale: “La prima parola Io-Tu non può essere detta se non dall'essere tutto intero, invece la parola Io-esso non può mai essere detta con tutto l'essere”. Io e Tu sono due esseri sovrani, l'uno non cerca di condizionare l'altro né di utilizzarlo.
Secondo Buber l'uomo può vivere senza dialogo, ma chi non ha mai incontrato un Tu non è pienamente un essere umano. Tuttavia, chi si addentra nell'universo del dialogo assume un rischio considerevole dal momento che la relazione Io-Tu esige un'apertura totale dell'Io, esponendosi quindi anche al rischio del rifiuto e al rigetto totale.
La realtà soggettiva dell'Io-Tu si radica nel dialogo, mentre il rapporto strumentale Io-esso si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l'essere umano stesso in oggetto. Nel piano del monologo l'altro è reificato - è percepito e utilizzato - diversamente dal piano del dialogo, dove è incontrato, riconosciuto e nominato come essere singolare. Per qualificare il monologo Buber parla di Erfahrung (una esperienza “superficiale” degli attributi esteriori dell'altro) o di Erlebnis (una esperienza interiore significativa) che si oppone a Beziehung - la relazione autentica che interviene tra due esseri umani. (…)
Per Buber una persona non può vivere nel senso pieno della parola se non si trova nella sfera interumana: “Sullo stretto spartiacque dove l'Io e il Tu si incontrano, nella zona intermediaria”, che è una realtà esistenziale - un evento ontico che avviene realmente tra due esseri umani.

       Ecco infine cosa scrive Peppe Sini nel giornale telematico n.2972:  Nonviolenza in cammino:

"Per almeno tre ragioni Martin Buber e' uno dei nostri maestri piu' grandi: per essere il grande filosofo del principio dialogico, che pone alla base del nostro esserci la relazione io-tu; per essere il grande uomo di pace che sempre oppose la civilta' e la comprensione alla violenza e alla chiusura; per essere il grande amorevole ricercatore delle tradizioni e delle memorie dei pii, degli umili e dei dimenticati."

martedì 6 febbraio 2018

Danza delle sedie e danza dei pronomi

Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434, J. van Eick)
Pensato dall’autore - il noto e stimato psicoterapeuta prof. Giovanni Salonia - per mostrare la validità del modello teorico della Gestalt Therapy nella relazione di aiuto alle famiglie, il saggio Danza delle sedie e danza dei pronomi (Il Pozzo di Giacobbe, Trapani, 2017 €16) coinvolge e interessa una platea più vasta di lettori rispetto agli psicoterapeuti e agli studiosi ai quali è in primo luogo diretto: il linguaggio chiaro e scorrevole e le analisi a tutto tondo sul variegato mosaico delle famiglie odierne rendono infatti il testo fruibile e apprezzato anche dai non specialisti in materia.
Salonia ci ricorda innanzitutto che “Il primo passo per comprendere la persona, la coppia, la famiglia, è quello di collocarli all’interno della società in cui vivono e di cui rappresentano una variabile dipendente.” E sottolinea: “Mentre sino alla metà del secolo scorso il matrimonio era pensato e vissuto come un’istituzione sociale orientata primariamente alla creazione della prole e concepita come un luogo di sicurezza economica e sociale (…) nella postmodernità questi assetti sono cambiati in modo radicale. (…) L’affermarsi della famiglia nucleare ha portato con sé un eccezionale aumento di fragilità del legame coniugale: dal matrimonio istituzione al di là dei suoi contraenti, al fine di dare ad essi e ai loro figli sicurezza istituzionale ed economica, (si è passati) al legame di coppia, nelle sue varie forme giuridiche ed relazionali, come ‘patto relazionale di felicità’, ossia incontro di reciproche attese eudemonistiche”. L’autore applica quindi i nuovi orizzonti clinici e terapeutici della Gestalt and Family Therapy – basati sull’intercorporeità, la prossemica relazionale, la teoria del Sé e la teoria del contatto – alle famiglie di oggi che, accogliendo l’ormai diffuso aggettivo di Bauman, sono definite ‘liquide’; famiglie che si  differenziano ormai per struttura (monogenitoriali, nucleari, ricomposte), per orientamento sessuale, per appartenenza etnica. L’autore evidenzia comunque che, in ogni tipo di famiglia, c’è un filo di Arianna che connette parole e vissuti: la continua ricerca e definizione delle relazioni: “chi sono io per te? ci stiamo avvicinando o allontanando? sei dove ci siamo lasciati?” E precisa come non siano gli eventuali problemi, la stanchezza o le diversità a bloccare la crescita di una famiglia, quanto “la mancata qualità di contatti assimilati e l’incapacità di realizzare nuovi contatti pieni”. Dopo aver ricordato che, secondo la teoria gestaltica del disagio psichico, la persona sta bene se è in grado di stabilire contatti nutrienti con l’Ambiente, sta male se non porta a compimento e interrompe i contatti necessari per la sua crescita, Salonia ribadisce l’importanza, per la crescita sana dei figli, della cogenitorialità fondata essenzialmente sulla consapevolezza dei propri vissuti corporei: “Nella prospettiva della Gestalt Therapy, (…) l’intervento poggia (…) sui vissuti corporeo-relazionali di ogni membro, che sono l’origine della qualità dei rapporti in famiglia.”
 Il testo è poi arricchito, oltre che da un’ampia bibliografia, dalla trascrizione di alcune sedute di Family Gestalt Therapy, condotte dall’autore assieme alla dott.ssa Valeria Conte, ed è impreziosito da suggestive citazioni poetiche: Kostantin Kavafis, con la lirica Ricordati, mio corpo, ci aiuta a comprendere come l’identità di ciascuno sia corporea e relazionale: “Ogni corpo è collocato tra corpi (…): corpo di figlio, fratello, sorella, padre madre … L’identità implica una collocazione relazionale: ‘chi sono io’ significa anche ‘chi sono io di fronte a te’;  Wislawa Szymborska, con Qualche parola sull’anima, sembra dirci che “l’anima può essere assente nei comportamenti abitudinari di routine, ma deve essere presente quando ci sono scelte che coinvolgono in modo preciso l’Organismo. (…) Nella trama quotidiana dei rapporti scontati, di tanto in tanto accadono contatti nuovi (…) Ad un tratto, l’anima si fa viva, è presente.(…) Come dice Szymborska: «Possiamo contare su di lei quando non siamo sicuri di niente e curiosi di tutto».  

Infine, l’autore  sottolinea come la famiglia entra in crisi e ha bisogno di cura quando “non ci sono più parole sperabili. (…) Le parole si moltiplicano, ma rimangono ‘disabitate’, flatus vocis, non più ponti, ma ponte levatoio.” Perché, al di là dei contenuti, “è il suono delle parole che permette agli umani di incontrarsi. Le parole-corpo aprono e preparano l’incontro. Sono note musicali che vanno e vengono dai corpi, li attraversano e creano il mistero e il fascino del contatto. In principio è il corpo, subito dopo la parola”. E quindi Salonia, parafrasando Novalis, ci invita a ripensare parole e gesti come note di una melodia. Se in una famiglia “il corpo diventa parola e la parola rimane corporea, allora la parola umana è esperienza di contatto pieno (…) Ogni parola diventa così una nota nello spartito dell’incontro. 
                          
                                                                         Maria D’Asaro 
(recensione pubblicata su SiciliaInformazioni il 5.2.2018)

domenica 4 febbraio 2018

Febbraio







Giro
Di boa
Regalo di giorni
Abbraccio dolce di figlio ...
Febbraio.                         

venerdì 2 febbraio 2018

Il rigattiere gentiluomo

Chagall - Interno russo (1908)
                 Mentre ti appresti  a riporre nel box una vecchia stampante, scorgi sotto casa un “lapone” con una lavatrice, un frigo e pezzi di metallo: appoggiato al “lapone” c’è un uomo con pantaloni di velluto e baffoni alla Vittorio Emanuele II.  Il signore si avvicina e chiede se stai gettando la stampante. Rispondi di sì. Ti chiede se può prenderla lui e se hai altri rottami da dargli. Gli dici che hai un monitor, in garage. Il signore si offre di prenderlo lui stesso e ti segue nel box, dove, con garbata prontezza, si sobbarca la fatica di spostare tre pesanti scatole: “Signù, pure se ci rimedio cinque euro sono qualcosa, compro la merenda ai nipoti.” Ti saluta con un inchino e con un sorriso appena accennato. Sai che avresti dovuto chiamare la RAP per fare l’azione ecologicamente corretta. Ma l’incontro con quell’uomo dalla gentilezza antica ha colorato la tua giornata. 
Maria D’Asaro