venerdì 28 luglio 2017

Democrazia: forma o sostanza?

(Dall’imperdibile saggio a più voci: Democrazia (Diogene Multimedia, Bologna, 2016, €20), a cura di Francesco Dipalo, Giorgio Gagliano, Elio Rindone )

Francesco Dipalo
E quindi eccoci arrivati ai capitoli III, IV e V, curati dal prof. Francesco  Dipalo. Il capitolo III – da cui sono tratte le riflessioni seguenti, alle pagg. 103/109 - pone un interrogativo cruciale: Democrazia: procedura o valore? Forma o sostanza? 

"Se si intende per democrazia “l’autogoverno del popolo” resta da stabilire se a rendere tale una determinata forma di governo basti la generica osservanza di procedure corrette oppure si richieda ai soggetti (…) l’adesione a precisi valori etico-politici universalmente condivisi. (…) Siffatti valori (…) tendono generalmente a coagularsi intorno a due principi, libera partecipazione ed egalitarismo, declinati soprattutto in senso sociale ed economico. Nel primo caso democrazia consiste in un dato metodo di governo (…); nel secondo, invece, la questione contenutistica e valoriale è predominante e deve essere resa effettiva, pena lo scadimento degli istituti democratici a gusci vuoti. In conseguenza della strada che si decide di imboccare dinanzi a questo bivio teoretico si giungerà a visioni differenti. (…) A contrapporsi sono due coppie di idee che si contendono un certo primato gerarchico: libertà vs. uguaglianza e individuo vs. comunità. 
Potremmo dire, grosso modo, che nelle concezioni liberaldemocratiche la libertà individuale ha valore assiomatico (…) d’altro canto, le visioni propriamente democratiche (per esempio il giacobinismo di Robespierre) mettono in cima alla loro scala di valori l’egalitarismo e sottomettono l’interesse dell’individuo a quello della comunità, la sfera privata a quella pubblica. (…)
Per il pensiero propriamente democratico, la libertà del singolo viene dopo il principio di uguaglianza: (…) senza una concreta uguaglianza di fondo (…) la comunità dei governati non gode dell’effettiva possibilità di esercitare l’autogoverno, ma sarà sempre in balia di una ristretta minoranza di privilegiati. Insomma, un’oligarchia mascherata da democrazia. (...)
Ma per quale motivo nel pensiero di matrice liberale sembrano essere predominanti procedura e forma, mentre in quello propriamente democratico valore e sostanza? Non è forse vero che la libertà individuale rappresenti un valore assoluto alla stregua di egalitarismo e giustizia sociale? Senza dubbio sì. La questione dipende dal diverso significato che, nell’una e nell’altra famiglia di concezioni politiche, vien dato alla dimensione del pubblico e dello Stato. (…)
In un regime liberale lo Stato si costituisce – e trova giustificazione – attraverso il patto sociale allo solo scopo di difendere e garantire più efficacemente la libertà di cui ogni individuo è dotato per diritto naturale, in primis la sicurezza personale e il godimento della libertà privata. (…) Lo Stato liberale si costituisce al fine di elevare barriere contro un uso invasivo e arbitrario dello stesso potere statuale. Come a dire: Costituzione e Parlamento (…) sono strumenti politici che servono a mettere al sicuro l’individuo dallo Stato, non all’interno di uno Stato a tutto tondo o totalitario. (…)
Al contrario, nella visione democratica di ispirazione rousseauiana lo Stato che nasce dal contratto sociale è l’espressione diretta della collettività nella sua interezza e svolge il compito di dare concretezza valoriale al tema dell’egalitarismo, ovvero di provvedere a realizzarlo in nome del popolo sovrano. Libertà ed eguaglianza sono per così dire, l’una funzione dell’altra. (...)
Si è veramente liberi, dunque, solo all'interno della Comunità-Stato, lo spazio proprio dell'agire politico. Concetto ribadito da Hanna Arendt nel suo "Vita activa: La condizione umana" (1958). Ispirandosi all'etica aristotelica, la Arendt distingue "l'agire" dal mero "lavorare" (...) e dal "fare" (...). E' solo nell'agire, che è insieme azione e discorso, praxis e logos, attività dialogica e quindi comunitaria per eccellenza, che l'umano si esprime e si realizza al massimo grado, in libertà.  (...)
Ma affinché tale natura possa tale natura possa davvero estrinsecarsi è necessario uno spazio pubblico, un'agorà aperta (...): un idealtipo di cui la modernità, improntata sull'individualismo e sui modi di produzione capitalistici  (...) sembra aver smarrito il senso ..."

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