sabato 30 luglio 2016

Purity di J.Franzen: te la do io l'America ...

          Inquietante, crudo, moderno, “americano”: Purity di Jonathan Franzen (Einaudi, Torino, 2016, €22, traduzione italiana di Silvia Pareschi) - 637 pagine intense e coinvolgenti che si leggono d’un fiato in maniera quasi compulsiva, salvo il desiderio di tornare indietro per assaporare meglio certi passaggi - è un romanzo la cui dirompente forza narrativa intriga e conquista il lettore. Profondo conoscitore dell’animo umano e della società che descrive, già vincitore nel 2002 del National Book Award con Le Correzioni,  con Purity Franzen confeziona un romanzo “matriosca” che, in sette densi capitoli, intreccia la storia della protagonista - la ventitreenne californiana Purity Tyler, Pip per gli amici, tenuta dalla madre all’oscuro dell’identità paterna e delle sue origini – con i problemi irrisolti dell’America di oggi, con i retroscena e i chiaroscuri del mondo dell’informazione, con gli universi inediti spalancati da una Wikileaks parallela creata dal geniale Andreas Wolf, con viaggi avanti e indietro nel tempo e nello spazio, dalla Berlino est dei decenni antecedenti alla caduta del muro a una Bolivia quasi incontaminata; viaggi che iniziano e fanno ritorno a Oakland, una sorta di ombelico del mondo, a venti chilometri da San Francisco, dove “la nebbia si riversava come un liquido e (…) si spandeva sulla baia e conquistava Oakland strada dopo strada … un cambiamento che vedevi su di te, una stagione in movimento”.
Purity, affresco grandioso della società americana odierna, ma anche spietato flashback sui disastri del comunismo reale, ci mostra le conseguenze nefaste di relazioni prive di amore autentico nelle quali, come ha predetto Sartre, “l’inferno sono gli altri”: “Ogni rimprovero era come uno schizzo di acido sul cervello (…) vivevo il suo dolore psichico come se fosse mio. Il paradiso dell’unione delle anime era un inferno”. I protagonisti del romanzo sono legati infatti da storie quasi sempre dominate dal sesso, nel ruolo di comprimario triste e disperato; relazioni destinate al fallimento perché gli individui, impegnati a combattere demoni interni ed esterni, rimangono chiusi nell’orizzonte claustrofobico della loro parziale visione del mondo: “Discutevamo sempre per nulla. Come se moltiplicando un contenuto zero per un discorso infinito potessimo farlo smettere di essere zero. Per riprendere a scopare avevamo dovuto separarci, e per scopare in modo frenetico e compulsivo avevamo dovuto divorziare. Era un modo di accanirsi contro quel gigantesco nulla a cui ci aveva sempre portato tutto quel discutere”. Franzen è poi bravissimo nell’intersecare dimensione privata e piano sociale e nell’analisi impietosa dell’inconsistenza della sinistra americana e dei meccanismi perversi dell’economia di mercato: “Stephen e i suoi amici, Garth ed Erik, immaginavano un’utopia del lavoro. La loro teoria era che l’aumento della produttività generato dalla tecnologia e la conseguente perdita di posti di lavoro avrebbero inevitabilmente portato a una migliore distribuzione della ricchezza (…). Pip (…) in un certo senso trovava confortante che Stephen e i suoi amici non riuscissero mai a eliminare tutti i difetti del loro piano; che il mondo fosse ostinatamente insanabile come la sua vita.” 
       Non mancano pagine in cui l’autore, in un gioco di specchi persino con se stesso e sicuramente con i colleghi ossessionati dal successo, descrive con irriverente sarcasmo il delirio di uno scrittore che si propone di scrivere il grande libro americano. Franzen rivela inoltre una particolare sapienza nell’offrirci i ritratti psicologici dei vari personaggi e nell’analisi dei rapporti genitori/figli, scandagliati nelle loro pieghe più intime: “Nessuna telefonata era completa prima che ciascuna delle due avesse reso infelice l’altra. Il problema, agli occhi di Pip – l’essenza dello svantaggio che si portava dietro; la presumibile causa della sua incapacità di riuscire in qualunque cosa – era che lei amava sua madre (…) Quello era l’enorme blocco di granito al centro della sua vita.” “Anche sul suo letto di bambina c’erano animali di peluche, un piccolo zoo, e lei e sua madre ci giocavano per ore di fila, prestandogli la voce … la bambina piccola e la bambina grande, quella con i capelli che ingrigivano, quella che lanciava alla piccola timide occhiate di sottecchi”.
Un libro per le vacanze? Sicuramente. Con un’avvertenza: Purity, forse inadatto a palati puritani e buonisti, ci lascia comunque un retrogusto amaro. L’America di Franzen, lungi dall’essere “un pezzo di burro fatto per essere tagliato dal coltello caldo della (nostra) intelligenza”, ha smesso di essere la terra promessa dell’umanità. E non si capisce davvero quali spiragli di speranza possano esserci oggi per le tante Pip che vivono negli USA e, più in generale, per la nostra piatta e insensata società occidentale.          

                                                               Maria D’Asaro:  "Centonove" n.30 del 28.7.2016, pag.30

giovedì 28 luglio 2016

La pomelia, ai tempi dell'orrore


 

         Che faceva nostra Signora mentre a Nizza camion impazziti falciavano la gente e tutto andava a ramengo?Rammendava pigiami sdruciti, preparava lezioni di Geografia per gli alunni, cucinava conserve di pomodoro, consolava le zie centenarie, aggiustava vecchi divani, annaffiava la pomelia, sorrideva al minicucciolo, pelava carote al suo fratellino e lavava i loro peluches, leggeva i saggi di Augusto e recensiva i racconti di Silvia, portava a riparare i pentolini dal manico rotto. 
     E mentre il figlio scienziato cercava la formula esatta per trovare il prossimo numero primo, anche lei continuava a cercare una ricetta: quella per curare questo mondo malato.






martedì 26 luglio 2016

Frederick Douglass, un uomo libero

Frederick Douglass
         Ci sono persone la cui memoria non deve essere cancellata dalla polvere del tempo. 
Frederick Douglass è una di queste. La sua vita, che sembra tratta da un romanzo di avventura, Douglass l’ha vissuta con determinazione e coraggio. Frederick Douglass (1818-1895), fu il primo afroamericano ad essere candidato vicepresidente degli Stati Uniti per il Partito per l'eguaglianza dei diritti. Lui che nacque come schiavo, in Maryland, e fu subito sottratto alla madre e poi alla nonna e venduto a padroni senza scrupoli. Ma a dodici anni la moglie del suo padrone iniziò a insegnargli l'alfabeto, infrangendo così la legge che vietava di insegnare a leggere agli schiavi. Quando il marito se ne accorse, disapprovò energicamente l'iniziativa della moglie, sostenendo che uno schiavo che avesse imparato a leggere sarebbe diventato uno schiavo insoddisfatto della sua condizione e avrebbe desiderato la libertà. Non appena ebbe imparato a leggere, il giovane Douglass lesse quotidiani, materiale politico e libri di ogni tipo che cambiarono il suo modo di pensare, spingendolo a mettere dapprima in discussione e poi a condannare apertamente l'istituto della schiavitù. Quando venne ceduto ad un certo Freeman, Douglass insegnò agli altri schiavi a leggere il Nuovo Testamento: l'interesse degli schiavi per l'alfabetizzazione si rivelò grandissimo. Mentre Freeman tollerava tranquillamente quel tipo di attività, gli altri proprietari di piantagioni invece si infuriarono per il fatto che i loro schiavi stavano ricevendo un'istruzione. Una domenica fecero irruzione tutti insieme armati di mazze e bastoni e annullarono per sempre le riunioni. 
      Douglass tentò varie volte la fuga per conquistare la libertà, riuscendo finalmente a fuggire nel 1838. Nel 1843 Douglass partecipò al progetto delle cento riunioni dell'American Anti-Slavery Society, un programma di incontri pubblici in tutto l'est e il midwest degli Stati Uniti. Prese parte alla Convention di Seneca Falls, momento di nascita del movimento femminista statunitense. L'opera più famosa di Douglass è la prima autobiografia Narrative of the Life of Frederick Douglass, an American Slave, pubblicata nel 1845, in seguito rivista e arricchita. A partire dall'agosto 1845 Douglass trascorse due anni in Gran Bretagna e Irlanda  durante i quali diventò un uomo libero anche in modo ufficiale, quando gli amici inglesi acquistarono la sua libertà dal suo proprietario.
     Douglass credeva che l'istruzione fosse per gli afroamericani la chiave per riuscire a migliorare le loro vite. Per questa ragione fu uno dei primi sostenitori della necessità di abolire la segregazione razziale nelle scuole. Douglass criticò tale situazione e promosse un'azione in tribunale per ottenere che tutte le scuole fossero aperte a tutti i bambini. Dichiarò che l'inclusione nel sistema educativo era per gli afroamericani un'esigenza più urgente e pressante di rivendicazioni politiche come il conseguimento del diritto di voto. Prima dell'inizio della guerra civile (1861-!865) Douglass era diventato uno dei neri più famosi del paese. Durante la guerra servì l'Unione come reclutatore per il 54º Reggimento del Massachusetts. Alla fine del conflitto, Douglass ricoprì diversi importanti incarichi politici. Alle elezioni presidenziali del 1872 diventò il primo afroamericano ad essere candidato per la vicepresidenza degli Stati Uniti, affiancato a Victoria Woodhull, per il Partito per l'eguaglianza dei diritti. La candidatura avvenne però a sua insaputa tanto che, ignorando di essere candidato, non partecipò alla campagna elettorale.     
   Negli ultimi anni della sua vita Douglass cercò con determinazione di stabilire quale fosse stato il vero giorno della sua nascita. Scelse il 14 febbraio perché sua madre Harriet Bailey era solita chiamarlo piccolo Valentino. Secondo i suoi calcoli era nato nel febbraio 1817, ma successivamente degli storici hanno trovato una registrazione che sposta tale data al febbraio 1818. 

Notizie e foto tratte da: wikipedia 
Ringrazio mio figlio Riccardo che, mesi fa, mi ha "presentato" Frederick su FB.

sabato 23 luglio 2016

La corda pazza

Castello Ursino - Catania
         Chi quest’estate passerà da Catania, potrà apprezzare nella splendida cornice del Castello Ursino il “Museo della Follia”, mostra itinerante già ospitata a Venezia,  Matera e Mantova, che, dopo il 23 ottobre, si sposterà a Torino, Milano, Novara. Ideata da Vittorio Sgarbi, l’eccellente mostra artistica è un viaggio doloroso e suggestivo negli abissi oscuri della malattia psichica. Ad accogliere i visitatori sono intanto i dipinti naïf di Antonio Ligabue e di Pietro Ghizzardi e i loro autoritratti ossessivi, con gli animali del primo e le ossessioni cupe del secondo. La mostra è impreziosita anche da installazioni, documenti ed oggetti che descrivono le tremende condizioni di vita dei malati nei manicomi (prima che la 180/1978 ispirata da Basaglia ne sancisse la chiusura), e dalle ottime sculture di Cesare Inzerillo dall’emblematico titolo “Tutti Santi”: “Mummie, perché ridotte all’osso della propria umanità, tutti santi perché uniti dall’improba lotta contro la sofferenza e la morte”.
                                                                            Maria D’Asaro:Centonove” n.29 del 21.7.2016

(Qui il bel post di DOC, dedicato alla mostra.)

giovedì 21 luglio 2016

Bonus sì o no? Questo è il problema ...

Hanan Al Hroub, Global Teacher Prize, 2016
              Ci ho pensato parecchio e ho deciso: non chiederò il “bonus” premiale previsto dalla L.107/2015. 
Ecco le mie –  opinabilissime - motivazioni:

- Sono le funzioni, verificabili e quantificabili, che eccedono la “normalità” del ruolo docente a dover essere retribuite con un bonus (collaborazioni varie, funzioni strumentali, progetti, attività extra). Questo avviene già in parte con la dotazione finanziaria per le funzioni strumentali e con il sempre più esiguo fondo d’Istituto. A scuola ci sono già tanti Docenti con incarichi aggiuntivi che lavorano oggettivamente più degli altri, offrendo all'Istituzione un apporto di qualità e quindi di merito. Non basta pagare in più questi Docenti?  Perché non riportare la dotazione finanziaria del fondo d’Istituto ai livelli di qualche anno fa?
- Il cosiddetto “processo di valorizzazione del merito” può immettere nei Collegi Docenti delle varie Scuole sterili e dannosi virus competitivi che, lungi dal migliorare l’offerta educativa delle singole scuole, contribuiranno forse a sfaldare il lavoro condiviso e armonico di quella che dovrebbe essere una Comunità educante.
- Tutti i Docenti, per principio, dovrebbero essere meritevoli e egualmente bravi. L’amministrazione, che li controlla e retribuisce, dovrebbe provarne eventualmente il demerito, non il merito. Se ho un problema di salute e mi reco in un ospedale, penso che tutti i medici mi sappiano curare. Sappiamo poi che ci sono medici più umani, più coscienziosi, più solerti, più attenti: ma i medici di pronto soccorso hanno lo stesso stipendio e nessuno, a fine anno, scrive al Direttore sanitario chiedendo un bonus perché, a suo dire, ha salvato più vite. Se poi ha lavorato di più, sarà retribuito con ore di straordinario. Lo stesso, fatte le doverose differenze, dovrebbe valere nelle Scuole.
- Sebbene i criteri relativi all’attribuzione del merito siano stabiliti da un Comitato collegiale, la decisione ultima spetta al Dirigente scolastico (comma 127, legge 107/2015), al quale quindi viene dato un potere ultimo sostanziale e discrezionale.

Infine, alcune precisazioni:

1) La mia non-richiesta non è affatto in polemica con la scuola dove lavoro. Ringrazio anzi il Dirigente Scolastico e il Comitato di Valutazione per il buon lavoro svolto nell’individuazione dei criteri.
2) Non avrei affatto disdegnato qualche centinaio di euro in più:  "tengo" famiglia, nipotini compresi. Poichè non sono affatto ricca, mi avrebbero fatto comodo i soldi del bonus. 
 3) Non biasimo affatto, anzi capisco benissimo, le colleghe e i colleghi che, con posizioni più sfumate e meno decise della mia, hanno fatto o faranno richiesta del “bonus” premiale.
 4) A costo di apparire “passatista”, non riesco ad accettare il vento aziendalista (davvero meritocratico?!) che si appresta a soffiare anche sulla Scuola italiana. Sarà questa la buona Scuola del futuro? Cambierà davvero in meglio la qualità del nostro lavoro? Ai posteri l’ardua sentenza.

(per chi volesse approfondire, su orizzonte scuola  e su Tecnica della scuola alcune riflessioni sulla normativa)

martedì 19 luglio 2016

Cosa Nostra: la lotta continua …

         Il 19 luglio di 24 anni fa, a distanza di due mesi dalla strage di Capaci, venivano trucidati con un micidiale esplosivo il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. La tremenda esplosione avvenne nel pomeriggio di un’assolata domenica estiva, in via Mariano D’Amelio, sotto la casa dell’anziana madre che il magistrato si accingeva a salutare. Purtroppo ci sono volute la strage di Capaci e quella di via D’Amelio per “convincere” anche il palermitano medio che la mafia è davvero un’organizzazione criminale orrenda, decisa a perseguire la sua voglia di potere con tutti i mezzi, anche i più efferati. Da qualche anno in Sicilia non ci sono più omicidi eclatanti: l’auspicio è che i siciliani non confondano l’assenza di sangue con la scomparsa di Cosa nostra e continuino la lotta per una società onesta e civile. 
                                                                            Maria D’Asaro:Centonove” n.28 del 14.7.2016

martedì 12 luglio 2016

domenica 10 luglio 2016

Buon compleanno!

Riccardo (e Gabriella): aprile 2015



Riccardo, 9/1991, 15 mesi. Oggi 26 anni












Riccardo:
il migliore
scienziato del mondo.
Io ti saprò bambino,
figlio mio.

sabato 9 luglio 2016

A fuoco la civiltà …

       Il 16/6 circa cinquecento incendi, dalle Madonie a Palermo, hanno distrutto diversi ettari di verde, case, ristoranti, aziende agricole. Il sospetto sull’origine dolosa dei roghi è stato avanzato sia dal presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, che da Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, che ha dichiarato: “Non sono in grado di dire se si tratti di incendi dolosi, ma di per sé gli incendi non si creano da soli, soprattutto se nascono in luoghi diversi”. Pare inoltre che i piromani si siano serviti di gatti per espandere i focolai: le povere bestie, a cui era stato dato fuoco, correvano incendiando i cespugli. A bruciare però non sono stati solo alberi e abitazioni, ma l’idea di convivenza basata sulla capacità dello Stato di controllare il territorio. Una volta, ai cortei, si affermava: “La Sicilia è nostra, e non di Cosa nostra.” Ci chiediamo: chi controlla oggi il territorio isolano?
                                                                  Maria D’Asaro: “Centonove” n.27 del 7.7.2016

mercoledì 6 luglio 2016

Noi lo sapevamo ...

         Ora, in un documento ufficiale composto da 2,6 milioni di parole, lo afferma anche una Commissione d’inchiesta britannica: la guerra in Iraq del 2003 è stata inadeguata, precipitosa e poteva essere evitata.
         Nel 2003, uscendo da casa, insieme ai miei figli contavo quante bandiere arcobaleno sventolassero da finestre e balconi. Erano tantissime, persino a Palermo. Sapevamo tutti che il presunto possesso delle armi di distruzione di massa era solo un pretesto per far fuori Saddam Hussein e ridisegnare, sotto l’egida di George Bush figlio, i rapporti di potere in Iraq e nei paesi arabi ricchi di petrolio. 
        La commissione presieduta da sir John Chilcot afferma che il Regno Unito scelse di prendere parte all’invasione dell’Iraq prima che tutte le opzioni pacifiche per il disarmo fossero state escluse e che  Blair fu messo in guardia circa la minaccia che le attività di al-Qaeda a seguito dell’invasione aumentassero.  Ancora una volta -  a distanza di pochi anni dal conflitto - si dimostra l’incongruenza, l’inutilità e il potenziale negativo di una guerra. 
Chi sono gli stupidi e gli illusi: i guerrafondai o i costruttori di pace?

 “Il rapporto Chilcot è un documento redatto da una commissione d’inchiesta pubblica presieduta da sir John Chilcot. L’inchiesta è stata voluta dall’ex primo ministro laburista Gordon Brown nel 2009 (...). Le indagini si sono rivelate più lunghe e complesse del previsto. Le udienze pubbliche si sono concluse nel 2011, ma da allora la redazione del documento è stata complicata da contrasti sulla pubblicazione di file governativi segreti e dai contatti tra Londra e Washington.  Al tempo dell’invasione dell’Iraq Blair, poi dimessosi nel 2007, sostenne che le informazioni di intelligence dimostrassero che Saddam Hussein fosse in possesso di armi di distruzione di massa, che non furono mai trovate. In Iraq sono morti 179 militari inglesi e in molti hanno accusato Tony Blair di essere il diretto responsabile. In un’intervista a Cnn, l’ottobre scorso, Blair si scusò per il fatto che le informazioni a disposizione prima della guerra fossero sbagliate e per gli errori nella pianificazione, ma non per l’operazione destinata a rimuovere Saddam Hussein dal potere. Ammise che la guerra ha avuto un ruolo nell’ascesa dello Stato islamico, sottolineando però come essa non sia stata l’unico fattore scatenante." 

Cosa dice il rapporto Chilcot: 

Le conclusioni dell’inchiesta sono costituite da un documento di 2,6 milioni di parole, circa tre volte più della Bibbia, e includono dettagli di oltre 130 comunicazioni. Ecco cosa c’è scritto in 5 punti:  
  1. Secondo il documento redatto dalla commissione «le circostante in cui fu deciso che c’era la base legale per l’azione militare britannica furono tutt’altro che soddisfacenti» e «non c’è traccia (nei documenti analizzati, ndr) di nessuna significativa discussione dell’argomento legale» da parte delle autorità.  
  2.  2. Il rapporto critica l’ex premier Tony Blair per la presentazione delle informazioni di intelligence ai cittadini, sostenendo che il parere espresso dalla Commissione congiunta di intelligence fu comunicato all’opinione pubblica con modifiche riconducibili alle convinzioni personali di Blair. 
  3.  Per il rapporto, il Regno Unito scelse di prendere parte all’invasione dell’Iraq prima che tutte le opzioni pacifiche per il disarmo fossero state escluse.  
  4.  Blair fu messo in guardia circa la minaccia che le attività di al-Qaeda a seguito dell’invasione aumentassero, secondo il rapporto.  
  5. Il rapporto critica l’assenza di una pianificazione post-conflitto del governo inglese. (da La Stampa)

sabato 2 luglio 2016

PTOF e RAV: inutili senza l’I care!



Don Milani a Barbiana con i suoi ragazzi

    Pur apprezzando alcuni meriti della L.107/2015 (come la stabilizzazione dei precari), quest’anno scolastico ha visto i docenti oppressi da adempimenti gravosi, non si sa quanto davvero utili, quali la stesura del PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa), del RAV (Rapporto annuale di AutoValutazione) e perplessi sul bonus premiale. Illuminanti le riflessioni del Preside GianMaria Zavattaro: “Ogni giorno i docenti si trovano al bivio di due strade. La prima è la fuga nel carpe diem, nella rassegnazione o nel disincanto (…). La seconda è l’I Care  di don Milani. La “buona scuola” è fatta soprattutto di persone (…); ma soprattutto delle parole, dei volti e degli sguardi. Immaginiamo i docenti paladini dell’I Care, ognuno con il suo stile, i suoi orizzonti culturali, i suoi limiti e le sue grandezze, consapevoli che la speranza di un’umanità più solidale è fondata principalmente sull’educazione: una rivoluzione silenziosa che potrebbe cambiare il futuro dei nostri giovani.”
Maria D’Asaro: “Centonove” n.26 del 30.6.2016
Questo il blog davvero prezioso curato dal Preside e dalla moglie, la prof.ssa Rossana Rolando)