mercoledì 3 febbraio 2016

Diario di una disadattata

       
Van Gogh; Paesaggio con covoni e luna che sorge
       Con gli anni, la faccenda non migliorava. E così nostra Signora continuava a star male se costretta a gettare una bottiglia di vetro – non potrei riportarla in fabbrica dal signore che così la riutilizza per la conserva di pomodoro? -stava male a gettare un barattolo dall’ovale perfetto;  stava male se non riusciva a mettere i resti di frutta e verdura nella terra o in compostiera; stava male a utilizzare le bottiglie di plastica; stava male se utilizzava l’auto anziché camminare a piedi … Stava male in un mondo che aveva inserito la quarta per schiantarsi nell’autostrada del consumismo. Stava male in una società in cui era d’obbligo produrre e consumare sempre di più ed era vietato essere felici con poco.
Certe notti sognava che qualcuno facesse una start-up per riutilizzare tutto il possibile: dai barattoli di vetro ai contenitori delle uova, dai tappi delle bottiglie alle magliette un po’ stinte. 
Nell’attesa, si consolava con Faber e Battiato.

2 commenti:

  1. L’associazione “felici e non violenti” (molto bella), richiamata nell’etichetta, rimanda al lato utopico, “evangelico”, “messianico” di un “novum” che deve essere atteso e costruito? Mi ha incuriosito (come già molte altre volte in questo blog amico) la genesi delle etichette, ben architettate, come se ci fosse stato un progetto dall’inizio. Non come noi (mio marito ed io) che abbiamo costruito le etichette disordinatamente… e solo dopo abbiamo capito l’importanza di dare una catalogazione semplice, essenziale. Un caro saluto e buona serata.

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    1. @Rossana Rolando: grazie per l'apprezzamento anche dei nomi delle etichette, che, in effetti, evocano un mondo sognato: più giusto, più ecologico, più nonviolento, più evangelico. Ricambio saluti cordiali a lei e a Gian Maria. Buon fine settimana.

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