mercoledì 9 luglio 2014

Io-tu-noi:comunione di amore


Oggi è la festa della SS.Trinità: noi riconosciamo che Dio è uno nella sostanza e trino nelle persone. La stessa sostanza di Dio, la vita divina, ce l’hanno pienamente il Padre, in quanto è il principio di questa vita, il Figlio, in quanto l’accoglie dal Padre, e lo Spirito Santo in quanto sigilla questo dono e quest’accoglienza nel “noi” della comunione di amore.
Questo per esprimerci con i termini della tradizione teologica, (...) E ciò nonostante, ogni volta che ci imbattiamo nel mistero di Dio, sentiamo che il modo più bello di pensarlo è, appunto, come mistero. Però per mistero, care sorelle e fratelli, non dobbiamo intendere ciò che non capiamo e rispetto a cui siamo anche rinunziatari: non c’è niente da capire, meno ne parliamo, meglio è … Per mistero dobbiamo intendere ciò che non finiamo mai di comprendere, ciò che è più grande di ogni nostra formulazione e di ogni nostra esperienza. Proprio la formula Dio uno e trino, con la sua apparente tensione (non dico contraddizione), sta lì quasi a dirci: mettiti il cuore in pace, non c’è una riflessione, una formulazione, un’esperienza con la quale tu potrai pretendere di avere capito la realtà nella usa profondità più colma …
E quindi il modo migliore di proporci dinanzi al mistero, è quello di utilizzare tutte le esperienze umane - le più belle, le più grandi, le più esaltanti - per cercare di evocarlo, questo mistero grande. E quindi il mistero è ciò che non finiremo mai di capire abbastanza: ci vuole tutto il pensiero umano, di tutti gli uomini, di tutte le donne, tutte le esperienze umane, soprattutto tutte le esperienze di comunione per evocare qualcosa di questa vita immensa dentro cui noi navighiamo, viviamo, a cui noi attingiamo … E che ci dà la voglia di andare avanti, di essere portatori di questa esperienza di comunione. Che non è mai esauribile da nessuno, per quanto intensa e bella possa essere: dalla vita di coppia, alla vita dell’amicizia, alla vita della famiglia, alla vita delle comunità, anche quelle più forti, di grande intesa … 
Non c’è nessuna esperienza che è capace di esaurire la bellezza della comunione, da cui tutti noi siamo generati, dentro cui tutti noi ci muoviamo. E ci muoviamo proprio in quella duplice forma che il mistero della Trinità vuole salvaguardare in ciascuno di noi: l’essere per davvero una persona, singolare, unica, irripetibile, con i propri carismi e scoprire che il nostro essere personale è sempre in relazione con gli altri e col resto del mondo. Queste due cose non sono in conflitto. Come non sono in conflitto in Dio: Dio è tutto Dio come Padre, ma Padre in riferimento al Figlio e allo Spirito. Noi siamo tutto noi stessi nella nostra persona, ma mai siamo tanto persona come quanto ci sappiamo relazionare con gli altri, in relazioni vivificanti, di crescita reciproca, di incremento di vita. 
E questa relazione, quindi questo rapporto con gli altri, questo legame che poi ci fa scoprire molta più vicinanza di quanto tante volte non ci rendiamo conto - vicinanza, intesa, corrispondenza, dalle piccole forme di unione a quelle più impegnative come quelle di coppia - ebbene queste due polarità sono tutte e due importanti: non possiamo rinunciare alla nostra personalità, identità personale, è bello che ognuno di noi possa dire: ma io sono io, è bellissimo, ma subito dopo deve aggiungere: ma come faccio a vivere senza di voi … senza il noi che è con-costitutivo del nostro io, io e noi stanno insieme in reciproca e benefica tensione.
Così il mistero di Dio diventa anche il mistero della nostra umanità, che mentre scopre la gioia della propria libertà personale, scopre anche la gioia e l’impegno che questa libertà deve essere capace di creare: vincoli autentici, relazioni profonde, relazioni vitali, promuovere la realtà insieme con gli altri …  E così la vita di Dio si impasta con la nostra vita personale e comunitaria. E a sua volta la nostra vita personale e comunitaria è il luogo più bello dove possiamo dire Ma allora Dio è qui, è con noi, è Colui che è il Signore e dà la vita, che ci rianima continuamente … Ovunque c’è un moto di vita, ovunque c’è uno slancio di comunione, ovunque c’è una voglia di relazione autentica, è lì il nostro Signore che ci dà la vita. Dove comincia Dio e dove finisce? Non possiamo più distinguerlo, dove comincia Lui e dove finiamo noi, non possiamo distinguerlo: perché siamo pensati dall’eternità, veniamo dall’eternità, tendiamo verso la pienezza …
E non dobbiamo pensarci in piccolo, no, proprio perché pensiamo Dio dobbiamo pensarci in grande, non per esaltarci, ma non impoverirci. E il modo migliore di pensarci in grande è quello di scatenare la comunione, liberare la comunione, così ci arricchiamo tutti, gli uni degli altri. E così possiamo parlare meglio di questa Vita dalla quale siamo abitati, coinvolti, tradotti, dalla Vita che è Dio stesso in noi e noi in Lui.
Celebriamola così la santa Trinità, come la comunione di vita condivisa con noi. E celebriamo noi, in quest’orizzonte, in quest’abbraccio immenso che ci attrae, che ci alimenta, che ci chiama a sé a vita sempre …  E tutte le esperienze nostre sono frammenti, sono prospettive di quest’immensità.
 (Omelia del 15.6.2014, chiesa di san Francesco Saverio, Palermo: il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

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