venerdì 11 gennaio 2013

La piccola caldarrostaia



       In inverno a Palermo, in strada c’è spesso un venditore improvvisato di caldarroste: in cambio di qualche euro, ci fa gustare un “coppo” di  fragranti castagne arrostite. Nella composita cerchia del precariato urbano, chi vende castagne è un gradino più in basso rispetto ai venditori di “quarumi”, che hanno posti fissi nei mercati rionali e banchi di vendita sparsi qua e là per la città. 
     Giorni fa, in corso Tukory, tra la Stazione ferroviaria e Viale delle Scienze, ho visto un caldarrostaio attorniato da mezza dozzina di cuccioli d’uomo dai capelli arruffati e dai visi arrossati, con abitini davvero dimessi. Una bimba di cinque o sei anni, accovacciata accanto al fornello, si scaldava le mani. Avremmo bisogno di un Dickens o di un Victor Hugo redivivi, ancora capaci di narrare le storie di chi vive ai margini. E di intenerire i cuori, ahimè troppo duri, degli uomini del nostro tempo.
    
 Maria D’Asaro  (“Centonove” del 7.12.2012)

5 commenti:

  1. Confesso che non ho mai preso le caldarroste per strada, scoraggiata dai prezzi esorbitanti rispetto a una semplice preparazione casalinga. Però ho davvero simpatia per questo signore che lascia scaldare i bambini al suo fornello, una solidarietà fra emarginati a cui di questi tempi dovremmo ispirarci un po' tutti.

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  2. Un tempo con cinquanta lire si aveva un bel cartoccio, fatto con carta di giornale fatta a cono, piena all'orlo e anche oltre. Allora non le contavano, andavano a occhio, e ce n'erano da mangiarne per un bel po', talvolta quelle in fondo al cono erano già fredde.
    Adesso i caldarrostai sono imprenditori, e anche per loro il pareggio di bilancio è obbligatorio: a ogni castagna venduta deve corrispondere un'entrata pari alla spesa globale sostenuta per arrivare al prodotto finale; con un filino di guadagno per sopravvivere. Quindi contate, una per una...
    Tenerissima l'immagine di quei bimbi attorno al bidone di cottura, me li vedo in attesa che una castagna cada in terra per azzuffarsi nella sua raccolta.
    Scusa, ma i venditori di "quarumi", in italiano cosa vendono?
    Ciao, un caro abbraccio.

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  3. Poetico quadretto, struggente. Sul vetro mi rifletto, mi accorgo di quanto spesso, anch'io, guardo attorno ad occhi chiusi. E mi torna in mente il dolce triste Remì... Buon week-end, Maruzza.

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  4. Eppure anche tu, con poche parole, hai saputo dipingere questo bel quadro.

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  5. @curlydevil: ciao! E' vero: i prezzi dei caldarrostai sono esorbitanti, ma le loro castagne sono più buone di quelle fatte in casa! Un abbraccio affettuoso.
    @gattonero: anch'io ricordo le castagne comprate a 50 lire! I venditori di "quarumi" ("pietanza calda" per "caldume", in una approssimata traduzione italiana) vendono viscere di vitello bollite nella "quarara" con cipolle, sedano, carote, prezzemolo e servite calde con sale, pepe, olio, limone. Credo che i quarumari si trovino solo a Palermo e Catania. Ricambio l'abbraccio affettuoso.
    @DOC e Vele: grazie per l'apprezzamento e, a DOC, per avermi ricordato il mitico Remì. Un abbraccio affettuoso.

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