martedì 30 ottobre 2012

L’azzurro che serve



Suor Patrizia - Comunità religiosa del Bell'Amore

Se passi da via Oreto, a due marciapiedi dalla Stazione Centrale, lo scorgi una volta su due: un uomo dall’età indefinibile - trenta, quaranta o forse più - disteso sul marciapiede. A volte dorme, oppure piagnucola, o ti chiede dei soldi. Accanto, bottiglie di birra vuote; addosso, un inconfondibile puzzo di alcool e pochi vestiti logori e strappati. Eppure il suo volto ha qualcosa di Gesù nazareno: forse per i lunghi capelli, forse per lo sguardo da crocifisso. Ogni volta che lo incontri, stai male: perché non muovi un dito per lui. Non sai proprio che fare. E poi, sei pure una donna. Pensi però che, in un universo diverso, le cose non dovrebbero andare così. Non si lascia marcire per strada un uomo che soffre, pur se ubriaco. E allora, vorresti magari indossare una veste azzurrata, come quella di Madre Teresa: per fugare ogni equivoco, e dargli una mano.            Maria D’Asaro ("Centonove": 26.10.2012)

sabato 27 ottobre 2012

Potere e servizio: la buona notizia



Ecco una sintesi dell'omelia di don Cosimo Scordato, relativa a domenica scorsa. Il Vangelo  è quello di Marco (10, 35-45).
Per chi avesse piacere di ascoltare direttamente le riflessioni di don Cosimo, ecco l'audio dell'omelia. Un grazie particolare a chi mi ha aiutato a inserire il video


(...) Gesù usa due termini uno più pesante dell’altro. Dice che per i cristiani non è pensabile un’organizzazione ecclesiastica dove ci sia dominio, dove qualcuno vuole dominare sugli altri, nelle mille forme in cui il dominio può prendere consistenza: nella coscienza, imponendo leggi, sentendosi migliori, volendo guidare la vita degli altri. Questo non è possibile tra i cristiani. E Gesù usa il termine “servo”, così almeno traduciamo in italiano, mentre il termine greco è “diacono”: dobbiamo essere gli uni i servi degli altri. Come dirci, ogni volta che ci incontriamo: - Posso esserti utile in qualche cosa? Posso farti un servizio perché tu stia meglio? – Così dovremmo salutarci, tra noi cristiani, per non perderci in chiacchiere. – Posso fare qualcosa perché tu stia meglio? Sono a tuo servizio. Io, servo tuo. – Così ci dice di essere Gesù per noi cristiani.
Poi, nei confronti degli altri che non sono cristiani, Gesù rincara la dose, perché dice: - Siate servi di tutti. – In realtà il termine greco è “doulos”, che significa schiavo. Quindi nei confronti di chi non crede, dobbiamo essere pronti non a condannare, a bruciarli, a mandarli non so a quale inferno, ma a metterci a loro servizio. Soprattutto di coloro che già sono schiavi, perché ricordiamo che al tempo di Gesù esisteva la schiavitù: farci schiavi degli schiavi. Così li trattiamo da padroni, così gli diamo dignità. Certo, poi vogliamo che non siano padroni … Ma farci schiavi degli schiavi, significa mettere in crisi la schiavitù, come a dire che per noi la schiavitù non ha senso. Ci facciamo servi gli ultimi degli ultimi perché nessuno si senta ultimo, perché a tutti sia dichiarata, sia riconosciuta la dignità. Quella dignità che Gesù vuole condividere con tutti noi.
E Gesù lo esplicita. E per evitare confusione ci dice: - Guardate che voi mi avete chiesto, senza rendervi conto, una cosa, senza capire niente (…) Questo avevano chiesto, questo si stavano aspettando: andare a Gerusalemme per andare a comandare, per avere il potere nelle mani. Questo ancora pensavano i discepoli: dopo un anno e mezzo di predicazione, di contatto con Gesù, non avevano capito niente … Ma qui dice: non hanno capito niente. Il verbo Gesù lo usa al presente: san Marco dice: - Ma tra di voi non deve essere così.
E usa il presente, san Marco, quindi si riferisce alla chiesa, alla sua chiesa. – Tra di voi non deve essere così. – E parla al presente. Non ambite di andare a comandare, di avere il potere tra le mani. Quindi, a scanso di equivoci, andiamo a Gerusalemme, poi vedremo quello che succederà. Finalmente lo capirete. Io sono venuto non per essere servito, ma per servire. –
Cosa ha fatto Gesù? A tutte le persone che si presentavano a lui, dava o diceva qualche cosa che li risollevava. Solo questo ha fatto Gesù. E’ stato il servo dei poveri, di tutta le gente disperata che bussava alla sua porta. Cosa ha fatto? Il servo dei servi. Solo questo ha fatto Gesù. E se ha alzato la voce lo ha fatto verso coloro che invece continuavano a proporre un sistema di dominio. Invece Gesù cosa ha fatto, con gli ammalati, con le persone disperate, con i peccatori, le peccatrici, ha detto: - Guarisci, muoviti … comincia adesso la tua vita. Non disperare. Guarda in avanti. – E poi aggiunge: - Io sono venuto per dare la mia vita in riscatto per i molti. - I molti sono tutti. Tutta la moltitudine, tutta l’umanità. In riscatto che significa? Che doveva pagare un debito al padre? No, perchè vuole che tutti siamo liberi. Che ci sentiamo riscattati, ci sentiamo degni di essere amati e di potere amare, degni di vivere in libertà. E’ quello che vuole Gesù: dare la vita perché tutti siamo liberi, riscattati, non ci siano schiavi, nelle mille forme di schiavitù che si possono manifestare.
Vedete, care sorelle e fratelli, come il Vangelo sia veramente sconvolgente … lasciare o prendere. E’ inutile che ci giriamo intorno. Prendere il Vangelo e quindi avere a che fare con Gesù Cristo significa scegliere volontariamente di essere gli ultimi. Sempre. Senza capeggiare. Con la volontà semplicemente di essere utile a qualcuno. Offro la mia intelligenza per aiutare qualcuno. Questo è il gesto cristiano per eccellenza.
E san Michele, il cui nome significa “Chi come Dio?”, è la denunzia permanente a tutti i potenti della terra che si sentono Dio, che vorrebbero dirci che dispongono di tutto, che sono loro il nostro Dio, perché dispongono dei soldi, delle ville, del conto in banca: - Io dispongo della ricchezza, del tuo destino, io sono il tuo Dio … -
San Michele serve solo per questo. Per dire - Mi cha El. Chi come Dio? Chi si permette di sentirsi Dio rispetto agli altri? Nessuno è Dio di nessuno. E neppure Dio è Dio! Perché Dio si è presentato a noi come Padre per evitare che noi pensassimo che per somigliare a lui dovessimo fare noi gli dei. Nessuno è Dio di nessuno. Siamo tutti fratelli e sorelle. Tutti sullo stesso piano. Amati immensamente da questo Padre.
Quindi – Chi come Dio? Chi si permette di sentirsi Dio nei confronti degli altri? Buttiamolo giù! I potenti dobbiamo buttare giù. La povera gente ha bisogno solo di essere risollevata. La povera gente, che poi siamo anche noi, la maggior parte delle persone, che vivono con tanta difficoltà, che non riescono ad andare avanti perché manca il lavoro, perché manca la casa, manca la sicurezza economica … tante cose che attentano alla libertà.
Perché Dio ci vuole liberi? Perché sin quando abbiamo bisogno di lavoro, di dipendere dagli altri, rischiamo di vendere la nostra libertà perché qualcuno ci promette qualcosa. Capisco che qualcuno, per bisogno potrebbe piegarsi … Ma chi è questo che promette … Non dovrebbe stare lì al servizio di tutti? Dei bisogni di tutti? Se è lì è perché noi lo deleghiamo e deve fare il bene della collettività.
E allora, care sorelle e fratelli, celebriamola così la parola di Dio: come parola di liberazione. Dio ci vuole liberi: non bisognosi degli altri. Al servizio sì. Perché nessuno di noi è talmente povero che non possa fare qualcosa anche per gli altri. Avere sempre due mani: una per dare e una per ricevere. Non una sola per ricevere e l’altra nascosta, perché siamo furbi. Nello scambio dei doni, si vive insieme e si migliora la qualità della vita per tutti. Il Vangelo ci propone ancora una volta tutto questo nella semplicità della vita di Gesù.

(il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)




venerdì 26 ottobre 2012

Diritto di veto

Domenica prossima noi siciliani saremo chiamati a rinnovare il Parlamento regionale.
Io, che ho sempre fatto una bandiera del  nostro diritto/dovere di esprimere i rappresentanti nelle assemblee legislative locali e nazionali, sono tentata di starmene a casa.
Guardate questo video.
L'unica cosa certa è che voto Milena Gabanelli e la trasmissione "Report".




(Ringrazio mio figlio Ricky che mi ha fatto conoscere il video)

mercoledì 24 ottobre 2012

Il diritto di piangere

Mio figlio Ricky, che è andato a scuola solo a 4 anni


Nella strada che mi porta al lavoro, incrocio una scuola dell’infanzia. Da cui, in queste prime settimane di scuola, mi arriva puntualmente il pianto disperato di un bambino che non vuole lasciare  mamma o  papà. Al pianto del piccino, segue la voce monotona dell’assistente che gli dice: - Non devi piangere, vieni … Non si piange, sai? – La frase, benevola e persino d’obbligo, mi risuona però eccessiva e stonata. E’ vero: bisogna crescere e tagliare il cordone ombelicale che ci lega all’universo magico della nostra infanzia. Ma questo comporta  fatica e dolore. E non è detto che la mano che incontreremo fuori casa sarà affettuosa come quella di mamma o di nonna.  A mio avviso allora, se non abbiamo ancora tre anni e siamo costretti a uscire dal nido e a lasciare l’abbraccio avvolgente dei nostri cari, almeno il nostro primo giorno di asilo, di piangere abbiamo tutto il diritto.
Maria D’Asaro (pubblicato su "Centonove" del 19.10.2012)

lunedì 22 ottobre 2012

Maria



Maria
In silenzio
Serbava ogni cosa
Racchiusa nel suo cuore.
Scheggiato.            

sabato 20 ottobre 2012

A.A.A. Angeli custodi cercasi disperatamente



Carmela Petrucci, uccisa ieri a Palermo
Uccisa con due coltellate alla gola che le hanno tranciato la carotide. Così muore Carmela, 17 anni,  per difendere la sorella Lucia dalla furia di Samuele, il suo ex di 23 anni, ossessionato dall’idea che Lucia, che aveva conosciuto su Facebook, avesse ormai un altro fidanzato.
Le statistiche ci dicono che in Italia, per mano dell’ex marito o fidanzato o convivente, muore una donna ogni tre giorni.
Siamo davvero una categoria a rischio. Forse bisognerà chiedere, a nostra protezione, altre legioni di angeli custodi.

lunedì 15 ottobre 2012

Le pietre, maestre di nonviolenza


Da qualche anno, il 2 ottobre, data di nascita di Gandhi, celebriamo la giornata mondiale della nonviolenza. In tale contesto, ecco alcune riflessioni di Aldo Capitini, tratte dal testo di Andrea Cozzo “Conflittualità nonviolenta”: “Nei riguardi delle cose, io non mi pongo altro dovere che di adoperarle bene. Adoperare una cosa per il male è la forma più elementare di violenza che noi facciamo alla cosa, è un arbitrio nel servirsi di essa. Perché si fa violenza al tempo quando lo si usa male, si fa violenza alla luce quando ci debba servire per facilitare una cattiva azione. E così l’acqua, così i prodotti della terra.” Ancora, Cozzo cita Lévinas, che afferma: “E’ violenta ogni azione che si compie come se si fosse soli ad agire: come se il resto dell’universo esistesse solo per ricevere l’azione”. Il Paradiso in terra è anche questo: muovere una pietra con rispetto e responsabilità.
Maria D’Asaro (“Centonove” del 5.10.2012)

sabato 13 ottobre 2012

Il cielo è sempre più blu



Malgrado la cattiva politica, il lavoro che manca e le insopportabili diseguaglianze sociali; malgrado la stupidità dilagante e le mille contraddizioni che ci fanno male.
Malgrado l'assenza di chi, oggi in particolare, ci manca davvero.
Per fortuna, il cielo è sempre più blu.
Grazie, Rino.



venerdì 12 ottobre 2012

Vernice nera su un arcobaleno



A volte temo di essere troppo dura con la mia città. Ma è la durezza di chi si sente tradito dall’amata. Purtroppo Palermo continua a sorprendermi, quasi sempre in negativo. Il mese scorso, a due passi da Brancaccio, l’unico centro ludico e ricreativo di tutto il quartiere, gestito con cura intelligente da una splendida assistente sociale missionaria e da coraggiosi volontari - il Centro Arcobaleno - è stato devastato da un vero e proprio raid vandalico che ha distrutto tavoli, sedie, armadi. Sono state divelte persino le porte del campetto di calcio. Una volontaria mi ha detto che forse gli autori della furia distruttrice sono stati proprio ragazzi del quartiere, magari rimproverati dagli operatori per i loro atteggiamenti da bulli. 
Una bella canzone del conterraneo Franco Battiato recita che è necessario cogliere i “segni dell’alba dentro l’imbrunire”. A me pare che, purtroppo, nelle nostre periferie palermitane l’aurora non sorga mai.

Maria D’Asaro (“Centonove” del 12.10.2012)

mercoledì 10 ottobre 2012

Sembra ieri






Sembra ieri.
Eppure sono già ventuno i mesi di ottobre senza di te. 

Non ci sono riuscita, papà. 
Non sono stata saggia e forte come speravi.
Senza la tua mano, mi sento perduta. 

lunedì 8 ottobre 2012

A proposito di scandali e di politica ...


Una sintesi dell'omelia di domenica 30 settembre: chiesa san Francesco Saverio, Palermo, autore don Cosimo Scordato.

La Parola di Dio oggi ci indirizza in due direzioni, che non sono poi antitetiche.
La prima direzione è quella della denunzia: (...) quello che diceva san Giacomo, dovremmo riproporlo immediatamente: - Guai a voi ricchi, che rubate allo Stato, alla comunità, che sottraete denaro nei modi più sporchi … Siate maledetti. Non avete dignità per stare in mezzo a noi. – 
Su questo, san Giacomo ci invita a essere chiari, a non utilizzare mezze misure – queste cose non si fanno, non dovreste farle … – credo che siamo stati troppo indulgenti: non possiamo sopportare che ci sia gente che lavora e gente che accumula sul lavoro degli altri cifre sproporzionate, e ancora ci sia gente che non riesca neppure a sbarcare il lunario e ci sia gente, a migliaia, a milioni, che ha perso il lavoro …
Come possiamo accettare questa politica che non ci annunzia niente di nuovo rispetto a questo stato di cose che invece deve essere radicalmente ribaltato? (...) Ebbene, questo è un peccato che grida vendetta: ma non per mandarlo domani all’Inferno, ma per intervenire nell’oggi, per cambiare le cose oggi, perché non sono sopportabili, non sono secondo la parola di Dio e non sono secondo la nostra coscienza. E’ assurdo.
Andiamo ora al Vangelo di oggi: quindi la denunzia non può mancare. Diceva don Lorenzo Milani che nei confronti dei politici il primo nostro dovere è quello di criticarli, siamo sempre autorizzati a criticarli: perché è sicuro che non hanno fatto mai abbastanza. Poi certo possiamo anche auto-criticarci e don Milani lo faceva spesso verso se stesso, era molto esigente verso se stesso, altroché, l’autocritica non deve mai mancare. Ma non dobbiamo mai farci incantare dalle chiacchiere televisive, dai buoni propositi solo verbali .
Il Vangelo di oggi, allora. Gesù ci invita e superare quella concezione che pure è stata molto della Chiesa: i buoni sono dentro la Chiesa, i cattivi sono quelli di fuori; i salvati sono i credenti, i dannati sono tutti gli altri. Gesù ci dice invece; dove c’è un po’ di bene, lì sta operando Dio. Riconosciamo il bene, la verità, le cose giuste in tutte le persone che le fanno e non pregiudichiamo niente a seconda dell’appartenenza religiosa: - Tu sei protestante e non puoi fare niente di buono, tu sei non credente e non puoi fare niente di buono. – Ma chi l’ha detto? Dio è più grande della nostra esperienza credente. E Dio ama tutti e opera in ciascuno
Quindi il Vangelo ci invita ad accogliere le sollecitazioni che la Parola di Dio fa ovunque avvengano. E poi ci dà un’indicazione importantissima, che continua il Vangelo di domenica scorsa. Cosa dicevamo domenica scorsa? Quel garzone che Gesù mette al centro, che viene comandato, che deve obbedire a tutti, che va, è disponibile, servizievole, si dedica, non ha la testa montata. E Gesù ci dice: - Dovete essere come lui, perché chi sa servire agli altri, costui è degno agli occhi del Signore; chi non serve alla comunità non è degno di niente. – 
E Gesù poi continua il discorso, ma siccome gli apostoli non l’hanno capito, perché stanno discutendo chi era il più grande, allora Egli continua dicendo: - Cari apostoli, se voi scandalizzate le persone semplici, le persone che credono al Vangelo e lo prendono sul serio, e vi fate tentare dal dominio, allora è necessario fare operazioni chirurgiche: la mano, il piede, gli occhi. Perché c’è questa identificazione? Perché il potere si esercita con la mano, anche con la violenza fisica, con gli occhi, con l’intelligenza, cercando di sovrastare il pensiero degli altri; e con i piedi, col camminare per costruire il proprio bene, non il bene della collettività.
E quindi Gesù ci dice di tagliare anche la mano, di togliere il piede se scandalizziamo gli altri, se dovessimo tradire il Vangelo e scandalizzare la sensibilità di coloro che ci vogliono credere senza lasciarsi vincere dalla tentazione del dominio, perché il dominio è terribile. (...)
Continuiamo allora a confessare le disparità di stipendi che offendono il lavoro quotidiano: non capiamo perché alcuni guadagnano milioni, magari anche rubando, e medici che hanno la responsabilità di un pronto soccorso, insegnanti che stanno ore e ore con bambini difficili e scatenati, operatori che lavorano umilmente a tenere pulita la città, chi lavora quotidianamente a casa, tutti questi lavori sono poco pagati. Forse non valgono niente? Non sono tutte responsabilità?
Dovremmo smontare questo sistema che abbiamo dato per scontato, perché non abbiamo più avuto quest’atteggiamento profetico. Magari qualcuno ci ha anche guadagnato, anche in ambito ecclesiale, purtroppo.
E invece il Vangelo ci esorta a non scandalizzare la semplicità dell’accoglienza e della parola di Dio: cioè la bellezza del servizio. – Hai servito? Ti bacio le mani. Sei degno di stare in mezzo a noi. Se non lavori e rubi lo stipendio devi stare lontano.
  (il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente, Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze della trascrizione)

domenica 7 ottobre 2012

Terra


Terra
di nessuno
oggi, la mia.
E’ duro ararla ancora.
Resisti.       
             

venerdì 5 ottobre 2012

I Beatles and me: 50 anni insieme.


     Era il 5 ottobre del 1962 quando uscì Love Me Do, il loro primo singolo. 
La musica di questi geniali ragazzotti di Liverpool, coi capelli un po’ diversi dagli altri, sarebbe diventata colonna sonora della mia vita.  Anzi, della nostra.



Michelle



Hey, Jude (con parole a seguito, in English)



Hey, Jude, don't make it bad
Take a sad song and make it better
Remember to let her into your heart
Then you can start to make it better

Hey, Jude, don't be afraid
You were made to go out and get her
The minute you let her under your skin
Then you begin to make it better.

And any time you feel the pain, hey, Jude, refrain
Don't carry the world upon your shoulders
Well don't you know that its a fool who plays it cool
By making his world a little colder

Hey, Jude! Don't let her down
You have found her, now go and get her
Remember, to let her into your heart
Then you can start to make it better.

So let it out and let it in, hey, Jude, begin
You're waiting for someone to perform with
And don't you know that it's just you, hey, Jude,
You'll do, the movement you need is on your shoulder

Hey, Jude, don't make it bad
Take a sad song and make it better
Remember to let her into your heart
Then you can start to make it better

Yellow Submarine


martedì 2 ottobre 2012

Augusto: se lo conosci, lo pratichi. O, almeno, lo leggi.


Forse lui non se lo ricorda, ma questo mese sono 25. Gli anni di un’amicizia d’argento. 
Abbiamo condiviso di tutto, in questo quarto di secolo. Vicende pubbliche:  l’antimafia, l’impegno sociale nei quartieri difficili, il tentativo di trovare posto in una chiesa più umana e autentica, lo slancio ecologista ed ecumenico, cenette filosofiche e convegni … Vicende private, liete e meno liete: compleanni, nozze, separazioni, figli (tre, tutti a mio carico), la perdita di suo padre e quella di mia sorella.
E poi condividiamo il piacere di scrivere, leggere, riflettere sulla vita.
Non c’è un suo scritto che non abbia letto e commentato. Quasi sempre in modo positivo: perché “sta” sulle cose e ha il dono della chiarezza e della capacità divulgativa.
Giornalista, scrittore, insegnante, consulente filosofico: il mio amico è Augusto Cavadi.
Questo è il suo sito.
Oggi è il suo il compleanno. Questo post è il mio modo di fargli gli auguri.

lunedì 1 ottobre 2012

2 ottobre: Giornata mondiale della nonviolenza

Il 2 ottobre, data di nascita di Gandhi, si celebra la giornata mondiale della nonviolenza. 
Da ragazza, come ho raccontato in questo post, ho avuto la fortuna di conoscere Lanza del Vasto, amico del Mahatma. Lanza del Vasto ha fondato in Francia la Comunità dell’Arca.
Dal sito: ARCA IN ITALIA  ho tratto le seguenti notizie sulla nonviolenza, su questa Comunità e alcuni passi della Preghiera del Fuoco.


LA NONVIOLENZA
      La nonviolenza è un modo di fare che deriva da un modo di essere. Dire no alla violenza, è prima di tutto riconoscerla in noi stessi per cominciare un cammino di trasformazione personale, cercando ad esempio, innanzitutto, di mettere la nonviolenza in pratica nelle relazioni con gli altri e, se possibile, con tutti gli esseri viventi e con la natura.
Si è nonviolenti quindi in ambito pedagogico, nell’applicazione della giustizia, in agricoltura, ma anche nell'alimentazione, nella ricerca di altre forme di vita sociale, nella salvaguardia della natura, nella risoluzione dei conflitti. Per ciascuno, è un cammino di coerenza e di unità di vita tra il pensiero, il dire e l'agire. Questo modo di vivere, chiamato da Gandhi "forza di verità", ci fa prendere coscienza delle nostre responsabilità e ci conduce ad un impegno personale e pubblico di fronte alle ingiustizie e alla violenza. La lotta per riportare la giustizia deve essere fatta comunque sempre nel rispetto dell'avversario, con dignità ed intelligenza creativa.

L'ARCA

La Comunità dell’Arca cerca di vivere la nonviolenza sperimentando una forma di vita indirizzata verso il servizio, la condivisione, la riduzione dei bisogni, il lavoro su di sé e impegnandosi contro le diverse forme di violenze. Silenzio e preghiera, lavoro, ricerca della bellezza, canto, danza e festa sono i segni della nostra unità.
Ciascuno trova il luogo e la forma del suo impegno nel movimento o in comunità.
Nelle comunità, celibi e famiglie condividono una vita fraterna di lavoro, di servizio e di ricerca spirituale. Tutte le comunità hanno un modo di vita semplice. Alcune scelgono una vita rurale, lavorando la terra nel massimo rispetto. Altre privilegiano l'accoglienza e la formazione.
Questa vita comunitaria si costruisce con l'esercizio della nonviolenza nel quotidiano: condivisione di compiti e responsabilità, prese di decisione, riconciliazione. I Compagni e le Compagne si impegnano in questa vita fraterna, nel rispetto del cammino di ognuno. C’è accoglienza e rispetto verso tutte le fedi religiose.
PREGHIERA DEL FUOCO
Siamo tutti passanti e pellegrini.
Accendiamo dunque un fuoco all'incrocio, all'indirizzo dell'Eterno.
Chiudiamo il cerchio e facciamo un tempio nel vento.
Facciamo di questo luogo qualunque un tempio.
Perché il tempo è giunto di adorare in spirito e verità,
di rendere grazie in tutti i luoghi e in tutti i tempi.
Mettiamo un termine al tempo, un centro alle tenebre
esterne e rendiamoci presenti al presente.
Questo presente che abbiamo invano inseguito nelle nostre giornate,
perché era lontano da noi nel momento in cui era.
Eccolo davanti ai nostri occhi e nei nostri cuori, il presente.
Il fuoco è il presente che brucia e brilla, è il presente che prega.
Il fuoco è il sacrificio di ciò che brucia,
il calore di vita e la gioia degli occhi.
E' la morte delle cose morte e il loro ritorno alla luce. (…)
E voi, gente che passate sulla strada dei Quattro Venti,
entrate nel cerchio e dateci la mano. (…)
(Lanza del Vasto)