mercoledì 29 agosto 2012

Uguaglianza verde

Alex Langer, viaggiatore "leggero"


A differenza di Amsterdam e Milano, a Palermo sull’autobus ci sono soprattutto cittadini “residuali”: la donna con gli occhi da pazza, la bocca sdentata e i capelli lunghi e arruffati; un gruppetto di uomini extracomunitari dai vestiti logori e dall’etnia non definita; le casalinghe che chiacchierano senza posa e senza costrutto; i ragazzini dispersi, senza biglietto; un papà  grasso e buono con un figlio uguale a lui. Con patente e stipendio regolare, sono una passeggera d’eccezione, sopra un autobus palermitano. Che continua a essere snobbato da chi può permettersi l’uso dell’auto, nonostante la benzina alle stelle. Mi vengono allora in mente le parole profetiche di Alex Langer, rimpianto leader ecologista di questo paese: “La rivoluzione verde o sarà socialmente accettabile e condivisa o non sarà”. Temo che non ci saranno né rivoluzione verde né un mimino di uguaglianza sociale, fin  quando anche il palermitano medio non prenderà l’autobus più spesso.
Maria D’Asaro  (pubblicato su “Centonove” il 13.07.2012)

lunedì 27 agosto 2012

E disse ...


Non ho fatto mistero, qualche post fa, del mio innamoramento letterario per Erri De Luca.
Che amo perché è uno scrittore yin e yang:  perché la sua scrittura è pervasa da delicata sensualità; perché mi fa entrare nel mondo incantato dei sentimenti senza togliere il freno dal pedale della ragione. 
E disse (Feltrinelli, Milano, 2011, € 9) è uno dei suoi tanti testi dedicati all’ebraismo. Dedicato in particolare a Mosè, definito in quarta di copertina: primo alpinista dello spirito. Uno “di quelli che afferrano una frase dove gli altri intendono solo un chiasso (…) uno che guardava all’origine del vento (…) che aveva dentro gli occhi il callo dell’insonnia. (…) In lui si concentrava l’energia dell’ultimo, un riassunto di esistenze perdute. Andava solo, qualunque altro accanto gli avrebbe sparigliato la solitudine.
De Luca scrive pagine intriganti sui dieci comandamenti: “Non ammazzerai: che disarmo di cuore si annunciava in quel rigo di apertura di seconda facciata della roccia (…). Rinuncia a disporre della vita altrui. (…) «Non desidererai casa di tuo compagno. Non desidererai donna di tuo compagno»: il rigo toglie il confine tra la semplice intenzione e l’atto compiuto, arrivando all’innesco del pensiero. Risale alla scintilla interiore del desiderio, che è l’attrito tra i sensi di una persona e il mondo.” 
E lo fa da conoscitore autodidatta della lingua ebraica: “Il verbo hamad è desiderio di possesso altrui. Comporta il veleno dell’invidia, che vuole usurpare il posto di un altro.” Invece: “Resta nel tuo, ammira senza togliere. L’ammirazione è un sentimento lieto (…) è un fischio di congratulazione, un applauso degli occhi.”
E come non commuoversi al racconto dell’incontro tra Adàm e Havà: “Quella prima notte profumava di creato spento. L’amore accelerava l’esperienza, faceva succedere tutto in una notte (…) non erano mai stati bambini, l’amore fu il primo dei giochi. Passarono dalle risate al solletico, alla concentrazione di frugarsi. Mentre si strofinavano felici, si urtarono le labbra. Stupiti, si scansarono, poi le riaccostarono. Si chiusero gli occhi da soli, la vista e tutti i sensi accorsero alla bocca. Nacque per accidente allegro il primo bacio. Al termine del gioco erano arrivati al bacio mille.”
E le riflessioni sullo shabbàt? “Non farai per te alcuna opera … “ Ma lo shabbàt  merita un altro post. Ora mi riposo. Anche se è lunedì.

venerdì 24 agosto 2012

Cometa d'Agosto

Quando Maruzza era bambina, non esistevano i condizionatori. O almeno, non ne esistevano nel paesino piccino picciò dove trascorreva le vacanze col nonno, le zie e la sorellina. Allora le estati si intrecciavano con una brezza leggera che accarezzava la pelle; e a volte, di sera, si indossava la giacchetta di lana. Non sappiamo se quegli Agosti lontani erano giganti possenti, capaci di opporsi a Caronte e Lucifero, o se era solo la sua pelle fresca da picciridda che rendeva il solleone più lieve.
Dopo il pranzo a base di spaghetti col sugo di pomodoro, melanzane, basilico e una spolverata di ricotta salata, anche lei, come il nonno e le ziette, andava a fare la siesta. Nella stanza più alta della casa, che custodiva il ritratto dei nonni ancora con i capelli neri e dallo sguardo fiero, i quadri di Gesù deposto dalla croce e di san Giovanni Battista bambino, che abbracciava un agnello. La stanza col tetto dalle grandi travi di legno, intervallate da piccole canne.
Spesso, prima di prendere sonno, la bambina veniva accarezzata da una goccia di luce che filtrava da quel soffitto maestoso. Una lama dorata, che era riuscita ad aprirsi un varco tra tegole e incannucciato. E in quell’accenno di bagliore lucente, in quei pomeriggi sospesi, Maruzza ritrovava tutta la protezione di cui aveva bisogno: le due generazioni che facevano quadrato verso la Nera Signora, il profumo tiepido della sua infanzia, la benedizione celeste che la teneva per mano.
E la promessa di un futuro: brillante come quella sua personale cometa.

mercoledì 22 agosto 2012

Angeli allo Zen …



Non mi perdo una presentazione dei libri di Augusto Cavadi, docente e giornalista che unisce sapienza di contenuti e brio espressivo. L’ultimo suo saggio: Presidi da bocciare? è stato presentato nel quartiere ZEN 2 di Palermo, a me poco noto: mi è toccato girare a vuoto per dieci minuti in un dedalo di casermoni sbrecciati. Finché ho chiesto a due ragazzini, tra i 15 e i 16, uno a piedi, uno seduto su un motorino: - Dov’è la scuola Falcone? -  Me lo spiegano, ma notano il mio sguardo perplesso. Quello a piedi dice all’altro: - Accompagna la signora. – E così vengo scortata sino all’ingresso della scuola, davanti alla quale il mio angelo custode mi saluta con un accenno di sorriso. Mi sembra allora che un’aura positiva, in mezzo a tanto degrado, la scuola nel quartiere se la sia guadagnata, se un ragazzino si offre di accompagnarci una sconosciuta …
Maria D’Asaro  (“Centonove” del 20.07.2012)

lunedì 20 agosto 2012

Madre





Madre:
Ombelico tiepido
Terra che arde
Il Paradiso, l'Inferno.
Insieme.


domenica 19 agosto 2012

Curriculum vitae

Formato “BLOG” per il curriculum vitae



Informazioni personali

Nome

Mari Da Solcare (Maria D’Asaro)
Indirizzo


Telefono


Fax


E-mail




Nazionalità

Terrestre, a volte anche lunare

Data di nascita

Lontana dall’oggi, ma non troppo per non saperlo vivere


Esperienza lavorativa
               
Date (da – a)

1973: preparava il pranzo per mamma che lavorava in ufficio
1975: aiutava la sorella a fare le versioni di latino
1977: dava lezioni di italiano per pagarsi l’università
1978: vendeva i bot per i ricchi
1984 a oggi : Insegna l’italiano ai poveri
Nome e indirizzo del datore di lavoro


Tipo di azienda o settore


Tipo di impiego


Principali mansioni e responsabilità

Fare la madre di tre figli speciali. Cercare con le antenne i ragazzi sperduti.


Istruzione e formazione

• Date (da – a)

Diploma di maturità classica, conseguito  tanto tempo fa con votazione di 60/60.
• Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione

Diploma di laurea in Filosofia, conseguito qualche anno dopo, 
con votazione di 110/110.
• Principali materie / abilità professionali oggetto dello studio

Abilitazione all’insegnamento per la classe “A043”/”A050” – Materie Letterarie negli Istituti di Istruzione secondaria di I grado e di II grado.
Vincitrice del pubblico concorso ordinario per esami e titoli indetto con D.M. del 3.9.82, per l’accesso all’attuale ruolo di appartenenza A043: Italiano, Storia, Ed.Civica, Geografia nella scuola secondaria di I grado; Vincitrice del pubblico concorso ordinario per esami e titoli indetto con D.M. del 23.3.90 per l’accesso al ruolo A050: Materie letterarie negli Istituti di Istruzione Secondaria di II grado;
• Qualifica conseguita

Abilitazione all’insegnamento per la classe “A036” – Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione e per la classe “A037” – Filosofia e Storia
• Livello nella classificazione nazionale (se pertinente)

Psico/psico, a seguito di corsi quinquennali con vari strizzacervelli  presso l’Osservatorio di Psicolandia sul fenomeno della dispersione scolastica. 
(Ma, a volte, suo figlio dice che lei è completamente inutile, perché non sa cosa è 
un logaritmo o perché non gli ha preparato la pasta che gli piace o perché 
non ha lavato in tempo una maglietta)




Capacità e competenze personali
Acquisite nel corso della vita e della carriera ma non necessariamente riconosciute da certificati e diplomi ufficiali.

Madrelingua

ALTRE LINGUE

Italiano e dialetto siciliano

Inglese. Linguaggio dei sentimenti e del cuore






Capacità di lettura

Sa leggere i libri degli altri
Capacità di scrittura

Sa compilare con precisione la lista della spesa e, talvolta, aiuta i
colleghi a fare i verbali dei Consigli di classe
Capacità di espressione orale

Elementare. Si commuove spesso. Parla troppo lentamente.

Capacità e competenze relazionali
Vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è importante e in situazioni in cui è essenziale lavorare in squadra (ad es. cultura e sport), ecc.

Sa ascoltare con pazienza le zie novantenni.
Sopporta pazientemente le persone moleste.
Intrattiene brevi dialoghi con i questuanti ai semafori. 
Ascolta i genitori dei bambini sperduti e,talvolta, insieme a loro,
riesce a ritrovare i ragazzini

Capacità e competenze organizzative  
Ad es. coordinamento e amministrazione di persone, progetti, bilanci; sul posto di lavoro, in attività di volontariato (ad es. cultura e sport), a casa, ecc.


Sa arrivare con il suo stipendio alla fine del mese. 
Sa camminare a piedi. 
A volte, sa anche correre per prendere l’autobus. 
Sa cucinare per dieci persone.
Fa volontariato con i parenti andati di testa.
Sa preparare la valigia per un viaggio.
Sa organizzare  le pulizie a casa con la signora Gina.
Sa capire a che ora ritorna il figlio dagli scout.

Capacità e competenze tecniche
Con computer, attrezzature specifiche, macchinari, ecc.

Sa utilizzare una macchina fotografica, se opportunamente guidata.
Sa guidare un’automobile, persino una Zafira, ma va 
molto piano in autostrada perché ha paura dei viadotti. 
Sa stirare le camicie (a volte si brucia col ferro da stiro)
Sa utilizzare il minipimer. 
Sa utilizzare lo spremiagrumi, anche manuale.
Sa sostituire una lampadina  
Sa utilizzare il telecomando della TV (non sempre).
Sa utilizzare un cavatappi.
Sa inviare una mail, anche con allegati.
Sa utilizzare l'uncinetto e i ferri per fare una sciarpa.

Capacità e competenze artistiche
Musica, scrittura, disegno ecc.





Praticamente nessuna.

Altre capacità e competenze
Competenze non precedentemente indicate.

(Prassie fini: sa chiudere le cerniere dei vestiti da sola;
sa allacciarsi gli stivaletti)
Sa fare la marmellata di albicocche.
Sa fare le conserve di pomodoro.
Sa cambiare i pannolini ai bambini e i pannoloni ai vecchietti.
Sa spazzare, pulire i cessi e stendere la biancheria.
Sa cacciare via vespe, calabroni, scarafaggi e mosconi.
Sa rivestire una zia defunta
Sa accudire e nutrire cani e gatti.
Sa schiacciare mandorle e noci.
Sa sbucciare i fichidindia


venerdì 17 agosto 2012

Squarci


Squarci
Di azzurro
Si scorgono, timidi,
In orizzonti di cenere.
Vuoti.

martedì 14 agosto 2012

Fuori target



Ci sono poche cose così tristi come gli oggetti fuori tempo: i sandali infradito a novembre, nella spiaggia di Mondello; una sciarpa di lana, mentre soffia lo scirocco;  l’albero di Natale non ancora disfatto a febbraio; i coriandoli in Quaresima; le melanzane a dicembre; le arance a luglio.  Nel panificio dove acquisto il pane, c’è un’enorme palla natalizia dorata che incombe, 365 giorni all’anno, sulle nostre teste. E’ strano vederla lì anche a Ferragosto, con 37° all’ombra. Stessa sensazione di muffa antropologica ti danno le carrozze, con tanto di cavallo bardato con “giummo” e campanelle, e fazzolettino sulle orecchie: ferme in posti strategici, (quasi sempre una è vicino Piazza Pretoria) strizzano l’occhio ai turisti stranieri perché facciano un giro. Una volta, è vero, i signori camminavano in carrozza: ma oggi nessuno può sentirsi un ricco “a cavallo”, solo perché è su una carrozza che evoca i tempi che furono …
Maria D’Asaro (“Centonove” del 10.08.2012)

sabato 11 agosto 2012

Josefa e i Dragonforce


“Non è mai troppo tardi per sognare, non è mai troppo tardi per mettersi in gioco. Non è mai troppo tardi per star bene  nella vita”.
Lo ha affermato, in una recente intervista, Josefa Idem, campionessa mondiale e olimpica nella specialità del K1 (kayak individuale). Nella sua ventennale carriera ha vinto 35 medaglie tra Giochi olimpici, mondiali ed europei. A quasi 48 anni, ha affrontato anche le ultime Olimpiadi gareggiando con atlete di 25 anni più giovani e arrivando quinta nella finale olimpica.
Felicemente sposata con il suo allenatore Guglielmo Guerrini, Josefa è anche madre di due figli.
Oltre all'attività agonistica e alla famiglia, Josefa Idem è impegnata anche a livello sociale. È stata testimonial di campagne di sensibilizzazione sulla sclerosi multipla, sulla donazione di organi e a favore di Emergency.



Ecco anche una canzone dei Dragonforce, propostomi stamattina dal mio ex cucciolo.



[Chorus]
So far away we wait for the day
For the lights are so wasted and gone
We feel the pain of a lifetime lost in a thousand days
Through the fire and the flames we carry on 

Così lontani aspettiamo il giorno
aspettiamo le luci che sono così sciupate e andate
Sentiamo il dolore di una vita perduta
In un centinaio di giorni
Attraverso fuoco e fiamme, andiamo avanti



venerdì 10 agosto 2012

Il piccolo Rafael di piazza Spina



Sarà perché di mestiere faccio l’insegnante e so che vuol dire parlare di legalità ai ragazzi difficili. Sarà perché il romanzo è ambientato a Palermo e io a Palermo ci vivo. Sarà perché la storia e il contesto che la scrittrice racconta, pur se di fantasia, sono più veri di quelli reali. Fatto sta che a me Cose da pazzi di Evelina Santangelo (Einaudi, Torino 2012, € 21)  è piaciuto da matti.
L’autrice, con una tecnica narrativa che a mio avviso ricorda le riprese con telecamera a spalla dei  fratelli Dardenne, ci introduce in un immaginario quartiere del centro storico palermitano dove il dodicenne Rafael vive con il padre Marcello, più disoccupato che operaio, e con Estella, madre colombiana arrivata in Italia in cerca di “buena suerte” perchè “siccome il mondo è tondo è fatto per muoversi”. La scrittrice ci offre una narrazione in terza persona dal punto di vista di Rafael, offrendoci un’immersione straniante e struggente nei pensieri arruffati di un ragazzino di seconda media, una sorta di meninos de rua, un ragazzino di strada tutto nostro, che ha come idoli assoluti Miccoli e gli Zero Assoluto, e come amico del cuore Richi, “il figlio malato della signora Franca”.
 Con un ritmo narrativo a zig-zag, sospeso tra i fili intrecciati del racconto e le linee liquide e a volte smarrite delle sensazioni di Rafael, ci viene offerto un microcosmo quasi claustrofobico che ruota attorno a piazza Spina, dove c’è la chiesa con gli angeli e i santi, e da cui si partono vicolo Grande e vicolo Storto. Rafael ci presenta Cetti e Salvo, gestori di una trattoria rimediata rubando pezzi di marciapiede, amici di quelli che comandano nel quartiere; Rocco, posteggiatore abusivo; Lilla che arrotonda chiedendo l’elemosina ma che sa anche curare i canarini malati; Vito il barbiere, Fiorella/Fiamma/Mauro/Stella, puttana di casa. E ci introduce nel mondo dell’amico Richi, col peso ingombrante della sua malattia, e dei compagni Lillo ed Eros. Con una visione che include anche i cani Bumma, Ciccia e Fifa e i gabbiani che mangiano i corpi dilaniati, ma ancora vivi dei piccioni.
E’ una sorta di Monopoli strana, la Palermo di vicolo Grande e Vicolo Storto inventata dalla Santangelo. Una Palermo attraversata dalla globalizzazione dal basso, perché, come dice Vito il barbiere: “La fame nel mondo c’è sempre stata (…) la differenza è solo quella che ora lo sappiamo di più. Da parte loro, quelli che vengono dai barconi: “Già ringraziano che sono qua (…) Prendono tutto il lavoro che viene, senza certe pretese. E dicono grazie.” Una Monopoli cittadina dove, alla fine, non vince nessuno: nemmeno il fratello ladro di Richi che mette l’Attak nel catenaccio del negozio di Giovanni il salumiere. Una Palermo/Monopoli che rimane desolata e irredenta, nella quale si sommano le disperazioni doppie degli orizzonti individuali e collettivi a cui né il don Cosimo della chiesa degli angeli e i santi né la professoressa Rita riescono a dare un senso.
E’ un mondo a tinte scure, quello visto con gli occhi di Rafael. La Santangelo è davvero brava a tratteggiare, col linguaggio coerente di un ragazzino palermitano di oggi, le pennellate amare di un universo a tratti disperato.
 Ma alla fine il romanzo non lascia un retrogusto negativo, perché – come ha sottolineato l’autrice in un incontro di presentazione del libro – in un mondo smarrito e compromesso a tutti i livelli, in cui i buoni e i cattivi non si distinguono facilmente, la differenza la fa chi resiste; chi, come il padre di Rafael, tiene la barra di un difficile rigore etico. Soprattutto, la differenza la fa la voce fuori dal coro della professoressa dagli occhi verdi: che ce la mette tutta per seminare nella mente e nel cuore dei ragazzi pensieri nuovi e per convincerli che un altro mondo è possibile. Che, ad esempio, è possibile vivere senza spremere l’Attak nelle serratura e senza chiedere il pizzo. E che: “Se uno non conosce niente e non ha visto niente, non sa nemmeno dove può andare, cosa gli può capitare nella vita, cosa può desiderare. Desidera solo quello che ha. Mentre: “Se uno ha l’età vostra (…) deve capire cosa vuole e cosa non vuole. E lo deve sapere che ha un sacco di possibilità, che può scegliere”.
E allora, pensando a Rafael e a Richi, che stanno sotto un “cielo appeso, striato di viola e di un blu fluorescente”, “il cielo di quando non è ancora buio ma non è più giorno (…) che anche ai gabbiani deve far venire quella specie di euforia tutta lacrime”, alla fine si ha voglia di spendersi un poco di più per tutti i ragazzi dei vicoli sporchi di questa Palermo. E augurargli un futuro migliore.                          
 Maria D’Asaro (“Centonove”: 10 agosto 2012)

martedì 7 agosto 2012

La venditrice di aquiloni



Lei è una donna dagli occhi a mandorla: torniamo insieme dal Foro italico, la villa col prato all’inglese di fronte al mare: io ci vado a leggere un libro, lei a vendere la sua merce. Abbiamo la stessa meta: la fermata dell’autobus, vicino la Stazione centrale. Io, al braccio destro, ho la borsa e un giornale. Lei, sotto il sinistro, ha un sacco pieno di palloni, al destro una borsa con degli aquiloni. Rifletto un istante sulle nostre vite così diverse: la mia, che scorre sui binari di un lavoro garantito, e la sua, in balìa della precarietà di occasionali acquirenti. Eppure i lineamenti del suo volto non dicono ansia in eccesso, ma una compostezza serena. Sarà la tranquillità imperturbabile degli orientali oppure la piccola donna è riuscita a librare nel cielo, assieme a quegli aquiloni, anche la nera zavorra che ci impedisce di vivere in modo lieve e leggero?
Maria D’Asaro  (“Centonove” del 27.07.2012)

lunedì 6 agosto 2012

Nostra Signora: Madre della Sposa



 “Io, Irene, accolgo te, Giovanni, come mio sposo. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
“Io, Giovanni, accolgo te, Irene, come mia sposa. Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
 Come vuole la tradizione, gli orecchini della Sposa sono stati donati dalla suocera.
Lo Sposo non ha visto l’abito bianco e la Sposa non ha visto l’abito da cerimonia dello Sposo.
Il talamo nuziale è stato preparato da due ragazze e poi, in camera da letto, non è entrato più nessuno. Il giorno delle Nozze, la Sposa aveva addosso una cosa blu, una cosa vecchia e una cosa nuova, una cosa prestata e una regalata.

Mamma benedice gli Sposi. E incrocia le dita.
(Ai suoi tempi, Nostra Signora queste regole non le ha osservate: perché non le conosceva tutte; perché sua suocera era un po’ pazzerella e l’unico gioiello che le ha regalato è stato un vecchio bracciale; perché lei era troppo razionale e illuminista. Ora si chiede: è forse per questo che non le è andata benissimo?!)  

sabato 4 agosto 2012

Casa Rotolina



Tra le mie amiche speciali c’è un’insegnante che ama davvero i suoi alunni e, in una Palermo ammorbata di cinica mafiosità, guida i piccoli uomini e le piccole donne a scegliere comportamenti onesti e solidali. Inoltre, Adriana è di una creatività dirompente: con vecchi spazzolini, portachiavi in disuso e pezzetti di mollette è capace di dar vita a un simpatico e buffo pupazzo. In una casetta presa in affitto vicino alla scuola – ribattezzata “Casa Rotolina” in accordo al nome della via – la maestra Saieva ha coinvolto i suoi alunni nel gioco allegro di ridare forme nuove a quello che avremmo gettato nell’immondizia. In un tempo in cui assistiamo impotenti ai tagli feroci su scuola e cultura, Adriana ci mostra, pupazzi alla mano, che nessuna “spending review” ci impedirà di utilizzare la nostra corda affettuosa e creativa, capace di curare noi stessi, i bambini e, in un certo senso, l’universo intero.
Maria D’Asaro  (pubblicato su “Centonove”del 3.08.2012)