mercoledì 12 ottobre 2011

Storie per una buonanotte

(III e ultima parte delle riflessioni di Grossman sull'importanza del raccontare storie ai bambini)
E poi, ovviamente, c´è l´umorismo, la possibilità di ridere insieme, di farsi trascinare dalla corrente di un pensiero diverso, buffo, sfrenato, quasi anarchico (dal punto di vista della "realtà" nota al bambino): la possibilità di divertirsi insieme, di infrangere le regole, di sovvertire i punti di vista, di solleticare tutto ciò che è rigido e severo, di scatenarsi e di fare stupidaggini insieme. Spesso, nel pieno di questa turbinosa allegria, il bambino può vedere com´era il padre alla sua età: un bambino piccolo, discolo…Un´altra cosa.    Quando scrivo un racconto per bambini non dimentico che dopo i dolci attimi della lettura, prima di mettere a letto i piccoli, arriva il momento in cui il papà o la mamma spengono la luce e nella camera cade il silenzio, ha inizio il dominio della notte. La notte fa paura, è piena di sogni, di incubi. Il bambino fa fatica a comprendere come mai il sogno è solo suo, nessuno può entrare a salvarlo. E la notte è buia, fitta di ombre. La manica di una camicia che penzola da una sedia appare come un serpente, o la proboscide di un elefante. Un quadro sembra una grande bocca spalancata. Le voci degli altri membri della famiglia – che proseguono le loro occupazioni – echeggiano e risuonano in modo diverso. Ma anche quando quelle voci sono gradevoli e infondono un senso di sicurezza è possibile che il bambino provi a un tratto la sensazione strana, vaga, che un intero mondo vada avanti senza di lui.
Qualche anno fa, il 21 dicembre, dopo aver messo a letto mio figlio Yonatan che allora aveva circa tre anni, gli dissi casualmente che quella era la notte più lunga dell´anno. Gli rimboccai le coperte, gli diedi il bacio della buonanotte, spensi la luce e me ne andai per le mie faccende. Alle primissime luci dell´alba Yonatan si precipitò nella nostra camera, quella dei suoi genitori, sudato e agitato. «Papà, mamma» gridò «è passata, questa notte è finita!». E io potei solo immaginare cosa aveva provato durante tutte quelle ore, la paura che la notte non finisse mai, che il sole non tornasse a splendere... Noi adulti siamo ormai esperti, abbiamo la certezza (o l´illusione?) che le regole del mondo e della natura sono immutabili. Ma un bambino non ha difese. Niente è scontato per lui. La terra gli trema sempre un po´ sotto i piedi e persino il sorgere del sole è una meraviglia che si rinnova. In un certo senso mio figlio era come il primo uomo di cui racconta una leggenda ebraica il quale, quando la sera del primo giorno dopo la Creazione cominciò a fare buio, fu assalito da una terribile angoscia perché era sicuro che Dio avrebbe fatto scendere l´oscurità e distrutto il mondo a causa dei suoi peccati.
Per il bambino l´inizio della notte è la partenza per un viaggio non facile e io spero sempre che la storia che gli ho raccontato lo accompagni in questo viaggio. Che lo protegga e sia per lui un ricordo piacevole da portare con sé, come un bacio sulla guancia.

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