sabato 21 maggio 2011

15.05.2011 4° Pasqua – Anno A


(...) Care sorelle e fratelli, questo tema del pastore è molto delicato, perché Gesù dice: “Coloro che sono venuti prima di me sono ladri e briganti”. Esclude che quelli che verranno dopo di lui possiamo essere ladri e briganti? Lo esclude forse? Non lo esclude: il caso, di questi giorni, di un prete pedofilo e spacciatore di droga, credo che rientri, purtroppo … Non voglio fare letture troppo pessimistiche.
Voglio dire soltanto che, dinanzi alla parola del Signore, dobbiamo metterci in atteggiamento di perenne conversione, perché tutti noi che siamo pastori siamo indegni di esserlo.
Ma non perché facciamo cose cattive: ma perché non credo che nessuno di noi riesca a interpretare come Gesù Cristo, dato che lo facciamo in nome suo, ma non in sua sostituzione, perché il nostro unico pastore e guardiano delle nostre anime resta lui: Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al Pastore e guardiano delle nostre anime.
 Lui resta l’unico pastore. Noi che esercitiamo il ministero pastorale, credo che dobbiamo partire dal riconoscimento che siamo tutti indegni. Perché?

Perché la differenza tra Gesù, buon pastore, e tutti noi, è che Gesù è pastore perché è pronto a morire per le sue pecorelle. E non le tratta da pecore. Perché l’ultima frase, è la frase più bella che potesse essere detta: “Egli è venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

La vita in abbondanza: cioè la gioia piena, la gioia di esistere. La gioia di esserci, in questa nostra esistenza, l’unica di cui siamo fruitori, e di viverla in pienezza.
(...)
La differenza è questa: Siamo noi a concepire il ministero come disponibilità a morire per la comunità, per la sua salvaguardia, per l’incremento della vita di tutte le sue persone, interrogandoci per ognuna:
- Cosa è meglio per te? Cosa è meglio per te? Come puoi sperimentare la pienezza della vita? - Quindi dovremmo interrogarci sulla pienezza della vita, non sulle privazioni della vita. Quelle poi ce le imporrà la storia, le vicende della nostra vita, ce le imporranno …
Ma noi dobbiamo rispondere a questa domanda: - Che cosa incrementa la tua vita per davvero? Che cosa ti può fare essere felice di te stesso, di te stessa? - E allora il servizio è reso per incrementare tutto questo.

O facciamo questo o altrimenti rischiamo di scivolare verso un ministero pastorale che è di altra natura. Che non è quello che a cui ci invita il Signore. Che tutte le pecore, o meglio il popolo cristiano abbia la vita e l’abbia in abbondanza.
Ed essere pronti a morire per salvaguardare tutti, tutti. Nella ricerca di questa pienezza.
Che non sia lesiva della pienezza altrui, s’intende. L’unico limite è che la ricerca di uno non venga a compromettere la ricerca di un altro, cioè che non ci si faccia male.

Ma a noi non interessa il pensare negativo. Ci interessa solo come il guard-rail sull’autostrada: per non cadere. Perché noi dobbiamo camminare, dobbiamo crescere, dobbiamo incrementare, dobbiamo portare a compimento il progetto di Dio che è ciascuno di noi.

Non il progetto a cui dobbiamo adeguarci: ognuno di noi è un progetto di Dio. Irripetibile, unico che deve essere realizzato. - Come Dio vuole la mia vita? E questo lo facciamo faticosamente, lo andiamo scoprendo a poco a poco, non sempre è facile: nessuno di noi ha formule precostituite, ogni persona è tutta da inventarsi.
Quindi non si tratta di adeguarsi a un progetto che esiste chissà dove: ma noi siamo proiettati, siamo in divenire continuo, e ci realizziamo man mano, anche per tentativi ed errori. Passiamo attraverso tanti errori. Quante volte abbiamo scoperto le cose più belle anche sbagliando…
Si chiama riciclaggio, questo. E’ una categoria nuova, ma la possiamo utilizzare: fare tesoro dei propri e degli altrui errori. E guardare avanti. E incrementare la vita delle persone.
Perché la vita esiste in quanto incarnata in qualcuno. Neppure la vita può essere un’astrazione. La zoè di cui si parla qui è la vita personale. E’ la vita di ogni persona che è chiamata a fare il suo cammino.

(Il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: errori o omissioni sono della scrivente Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze nella trascrizione dell’omelia)

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