sabato 19 marzo 2011

I DOMENICA DI QUARESIMA 13 MARZO 2011


Care sorelle e fratelli, nella prima lettura si afferma che l’uomo, mangiando del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, avrebbe finalmente sperimentato in qualche modo Dio, conoscendo il bene e il male.
Ma Dio non conosce il male.
E quindi è una falsa immagine di Dio che è stata prospettata all’uomo – Adam in lingua ebraica significa appunto “uomo” – con questa suggestione di diventare, di sentirsi Dio, che è l’unica vera, grande tentazione a cui tutti noi siamo esposti: essere come Dio.

Ma noi, Dio non lo conosciamo. Tant’è vero che lo pensiamo come capace di fare il bene e capace di fare il male. “Sperimenterete, appunto, il bene e il male.”

Ma Dio conosce solo il nostro bene. Siamo noi che gli abbiamo imposto, o tentiamo di imporgli, di conoscere quell’oscura possibilità, che si fa strada dentro di noi, di impedire alla luce di brillare, alla bellezza di affascinarci, all’amore di prenderci totalmente, alla giustizia di carezzare i nostri rapporti: di renderli più buoni, più vivibili, i nostri rapporti.

C’è una differenza, appunto, noi sappiamo una cosa più di Dio: quello che sappiamo più di Dio è che sappiamo cosa è il male. Anzi, lo sappiamo fare. Ed è in questa triste possibilità che noi ci ritroviamo sbilanciati verso noi stessi, perché poi il male, alla fine, è l’autodistruzione dell’uomo.

Il male non ha consistenza, potremmo dire che di per sé non esiste: l male è toglierci la vita e quindi auto-annientarci a vicenda, distruggere le nostre relazioni, cioè impedire a Dio di essere Dio. E’ un tentativo che noi proviamo a fare …
Ma, ci dice la seconda lettura, che dove è abbondato il male, e la misura del male è smisurata, non finiamo mai di scoprire di che cosa siamo capaci, non finiamo mai di scoprirlo, e purtroppo non finiamo mai di stupirci, ma – è qui è la bella notizia - dove noi siamo stati capaci di distruggerci, sovrabbonda l’amore misericordioso di Dio.
Il quale resta Dio dinanzi a noi. Anche nonostante noi stessi volessimo negarlo, togliergli spazio nella nostra vita … togliere spazio alla vita dentro di noi.

Ed è qui che, probabilmente, dobbiamo cambiare atteggiamento, care sorelle e fratelli: perché sull’evidenza del male siamo tutti convinti. Ma non dobbiamo soccombere a quest’evidenza. Come spesso abbiamo coltivato, parlando o dando priorità a questo discorso sul male, che pure c’è, che pure è terribile, che pure è insopportabile.
La seconda lettura ci dice che, seppure abbonda il male, sovrabbonda, sopra il male, la decisione di Dio di essere per noi, nonostante tutto. E fino in fondo. Senza abbandonarci mai. Anche se noi siamo in grado di abbandonare Lui. O di voltare le spalle a Lui.

E cosa è Gesù Cristo, in questa pagina bella del Vangelo, se non questa vicinanza di Dio a noi, in tutto. Lui non conosce il male, Gesù non conoscerà il male, ma dovrà fare i conti con le conseguenze del male, le subirà Lui, per primo, fino alla croce. Ma la sua reazione è quella di Dio verso di noi: dinanzi a noi Gesù sa fare soltanto cose meravigliose.

In primo luogo, ecco, ci fa intravvedere che possiamo farcela anche noi, sostenuti dalla sua testimonianza. Questo resistere alle tentazioni, alla tentazione. Che poi, fondamentalmente, è variazione di quell’unica variazione originaria: sentirci Dio, ma fraintendendo l’immagine di Dio, quindi conoscendo anche il male, purtroppo.
Le diverse forme della tentazione: barattare la libertà con un pezzo di pane. Siamo tutti esposti a questa.
Barattare la nostra dignità col potere: “Ti do tutti i regni della terra, se mi adori”.
Barattare Dio con le religioni, che sono tutte tentatrici di Dio, perché hanno una concezione magica: “Buttati che io ti salvo”. Ma io non mi butto, perché devo scomodare chissà quale miracolo. Tutte le religioni sono tentate dal tentare Dio. Ecco la falsa immagine che riaffiora continuamente nei suoi confronti.

Gesù ci libera da ogni religione, per proporci un rapporto che è soltanto relazione pura, pulita, filiale: da figlio a padre, da padre a figlio.
E questa relazione fa crollare tutte le religioni: politiche, religiose, sociali … Non ci sono padroni sopra di noi, non abbiamo da svendere la nostra liberà, non abbiamo da comprometterci con nessuno.
Il Vangelo di oggi si chiude con Gesù in piedi.
Questa figura non da superuomo, non da extraterrestre, ma da uomo che fa riattingere la nostra umanità all’origine, alla sua fonte. Che è l’amore per cui Dio l’ha creata, questa nostra umanità.
Non perché sperimentassimo il bene e il male, come abbiamo voluto fare e come continuiamo a fare, ma perché fossimo a immagine e somiglianza sua. Riflesso della sua luce, del suo amore, del suo splendore, della sua bellezza.
Dovendo, purtroppo, fare anche i conti con le nostre oscurità: con le oscurità della nostra vita e della nostra storia.

(Il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: eventuali errori o omissioni sono della scrivente Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze nella trascrizione dell’omelia)

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