venerdì 18 febbraio 2011

VOI SIETE IL SALE... 6.2.2011 - 5° t.o.


Voi siete, ci dice Gesù, il sale della terra, Voi siete la luce del mondo”: così continua il Discorso di Gesù sulla Montagna. Le Beatitudini che diventano anche gusto della vita, sapore e splendore della nostra esistenza.

Il sale ha molti usi, lo sappiamo, ne abbiamo bisogno per tante cose, per condire … ma, a quanto pare, il sale era anche uno strumento importante nel patto di alleanza che veniva fatto: proprio veniva poi versato del sale perché è nella natura del sale non perdere il suo essere sale. E quindi voleva evocare l’eternità, la definitività di un patto. Così anche la luce: la permanenza dello splendore.
Vedete, care sorelle e fratelli, quello che ci viene oggi indicato dal Vangelo è qualcosa di diverso che noi invece tendiamo a sostituire. Anziché mostrare, noi ci siamo dirottati per dimostrare, per argomentare. Anziché accendere la luce, abbiamo preferito organizzare, rendere qualcosa mastodontico, grandioso…
Mentre il Vangelo ci dà un’indicazione che rischia la banalità: l’amore non si dimostra, l’amore si mostra. Il gusto autentico delle cose, non si dimostra, si realizza. La luce non va dimostrata: la luce va accesa. Può essere tutt’al più mostrata. Quando non c’è questa capacità di mostrare il vero gusto della realtà e l’evidenza, ricorriamo a tutti gli altri strumenti: dell’argomentazione, della dimostrazione, dell’organizzazione …
Quando il Vangelo ci dice: volete parlare di Dio? Non parlate di Dio, non argomentate su di Lui, non dimostrate niente. Fate qualcosa di concreto, ma di talmente bello, gustoso da gustare. Evidente da guardare, cosicchè, in quello che noi facciamo, venga spontaneo dire: ma è bello che il Signore opera in te e attraverso di te …
Così Dio si vuole presentare in punta di piedi tra di noi, attraverso noi stessi. Ma attraverso questa gestualità, cioè gesti e cose concrete, con cui noi tentiamo di dare gusto alle cose ed evidenza alla realtà, a ciò che merita di essere riconosciuto come autentico. Ci rendiamo conto però che, tante volte, quello che facciamo allontana da Dio. Noi diciamo: ci allontana dalla Chiesa. Ma questo sarebbe il minor male. Tante volte, invece, più radicalmente, diciamo, “Ma se Dio è questo me ne scappo” …. Abbiamo dato una falsa testimonianza, abbiamo contraddetto il Vangelo.
Mentre il Vangelo ci invita a un atteggiamento molto più semplice, più lineare, più garbato…quello del … che cosa? Non tanto quello di inseguire le morali, non tanto quello di inseguire gli ordinamenti, ma quello di dire e di fare ogni volta quella cosa giusta rispetto alla quale ci viene da dire: “Ma deve essere così … Non può non essere così…”

E in quest’avvenimento intravediamo qualcosa della bellezza, della bontà, della verità di Dio … In quello che facciamo.
Quindi non è compito del credente ribadire i Comandamenti, questi sono iscritti nella coscienza di ogni uomo, dicevamo la scorsa volta. Il credente ha bisogno di accogliere Dio come beatitudine. E tradurre questa presenza come beatitudine in gesti concreti che ci lasciano senza parole, perché non c’è bisogno di commentarli.

Che ci lasciano senza argomenti, perché non vanno costruiti, rendono evidente qualcosa che ci fa avvertire la presenza stessa del Padre nostro. “Cosi guardando le vostre opere buone, glorificano, rendono gloria al Padre buono che è nei Cieli. Ma è sulla terra attraverso di noi, oltre che con noi.
Tutto il resto, è un modo per occultare l’unico procedimento che il Vangelo ci propone che è quello della evidenza: fare cose che rendano evidente, evidentemente gustabile …. Se è così la vita ha un senso, ha un sapore, ha un gusto, vale la pena di viverla, se è così … Così, anche la dottrina, non tanto da organizzare, è da sperimentare come la possibilità di rendere evidente la comunione, l’amore, che è contenuto originario di ciò che il Vangelo ci vuole proporre: il Padre, principio di amore e di comunione che ci raccoglie nel suo amore, che istituisce la sua alleanza con la nostra umanità …
E allora anche l’esperienza piccola dei gesti di amore e di servizio quotidiano, ci diceva la prima lettura, ci libera dal peccato. Siamo troppo abituati a pensare che la Confessione sia l’unico modo per liberarci dal peccato … No, no: il primo modo per essere liberati dal peccato è, quando c’è oscurità, accendere una luce. Ci dice Isaia: “Quando tu porgi un pezzo di pane a chi ha bisogno, quando tu apri la tua porta, la luce di Dio risplende in te. Quindi, se c’era qualcosa di sbagliato, già non c’è più.
Il primo cammino di conversione è accendere luce, portare luce dentro di noi. Quindi questo è il modo per allontanare le esperienze negative che abbiamo vissuto. Poi c’è anche un modo sacramentale … di questo parleremo durante la Quaresima. Rinviamo. Ne parleremo dopo. Ma intanto la parola di Dio ci dice: “Appena accendiamo la luce, non c’è più il buio.”
Avete seguito queste frasi, molto scultoree: “Spezza il tuo pane con l’affamato, introduci i miseri a casa tua, vesti chi è nudo, allora la tua luce sorgerà come l’aurora …. La tua ferita si rimarginerà presto…” Abbiamo una medicina che può risanare le nostre ferite: dare spazio alla passione per gli altri. O alla compassione per gli altri.

(Il testo non è stato rivisto dall'autore, don Cosimo Scordato: pertanto eventuali errori o omissioni sono della scrivente Maria D’Asaro, che si assume pertanto la responsabilità delle eventuali imprecisioni e manchevolezze nella trascrizione dell’omelia)

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