venerdì 26 marzo 2010

ASPERSIONI


Il luogo: un ambulatorio del policlinico Paolo Giaccone. Il soggetto: un consacrato. Frate o prete non so, saio e sandali lo collocherebbero nell’ordine dei francescani. “In nome del Padre, del Figlio… Una preghiera alla Vergine Santissima” L’avete Gesù? A te ne dò uno nuovo…”. Ed elargisce un santino. Non sai se la rigidità posturale, la fissità dello sguardo e un lucore particolare negli occhi lo definirebbero come fanatico, incapace di assumere sguardi diversi sul mondo; o se, al contrario, siano segni di una raggiunta, intensa concentrazione spirituale. Serena e definitiva. Alle sue preghiere, seguite da aspersione sugli astanti “con acqua di Lourdes”, c’è chi ringrazia, chi chiacchiera, chi elargisce un’offerta. Per un istante, anch’io chiudo il mio libro e mi unisco al Padre nostro. Affidamento genuino, sicuri orizzonti di fede o superstizioni a buon mercato? Grandi domande. Questioni irrisolte: ieri, come oggi. Su cui, di sicuro, ci interrogheremo anche domani.
Maria D’Asaro

(pubblicato su “Centonove” il 26-03-2010)

mercoledì 24 marzo 2010

La decrescita felice sbarca a Palermo ...


LA SCHIAVITU’ DEL CONSUMISMO
(dal blog del prof. Augusto Cavadi)
E’ possibile vivere felici? Non è raro trovare un guru che - dietro compenso di qualche centinaio di euro - è disposto a confidarti la ricetta giusta. Qualche sera fa il salone del Centro studi della chiesa valdese di Palermo era gremito di pubblico convocato - gratuitamente - per discutere dell’interrogativo: ma, a proporre la risposta, nessun santone né profeta. C’era Maurizio Pallante, economista e sociologo, il più noto e impegnato teorico della “decrescita” in Italia.Sulla scia della sua ultima pubblicazione (La felicità possibile, Rizzoli, Milano 2009), ha riflettuto criticamente sull’identificazione - dogmaticamente condivisa - fra “beni” (prodotti e servizi) e “merci” (oggetti di scambio monetario), sostenendo che ci sono beni che non sono merci (un mare pulito, un’aria respirabile, un clima di fiducia reciproca in una comunità, dei gesti di solidarietà gratuita, i doni…) e merci che non sono beni (tabacco, cocaina, eroina, auto di cilindrata eccessiva rispetto ai limiti massimi di velocità…). La sua tesi è di una semplicità disarmante: come individui e come società saremo più felici, o meno infelici, se (in barba al PIL, prodotto interno lordo) sapremo tagliare le merci che non sono beni e incrementare i beni che non sono merci.
     Pallante (che - a dire di Beppe Grillo - “ha il gusto della provocazione, ma anche il pallino della concretezza. Non si limita a criticare, propone anche”) ha offerto una serie dettagliata di esemplificazioni: tra processo di trasformazione e uso finale, una lampadina a incandescenza disperde il 95% dell’energia; per ricavare una bistecca di manzo da un etto, occorrono tremila litri di acqua; se rimaniamo ogni giorno imbottigliati nel traffico, perché non usare i mezzi pubblici? Se una famiglia — anziché acquistare frutta e verdura costosa perché proveniente dalla parte opposta del pianeta — coltiva un orto, mangia alimenti più freschi e risparmia. Non sono mancati i riferimenti al nostro territorio. Per esempio la chiusura della Fiat a Termini Imerese. Già nel 1972 (un anno prima della crisi petrolifera mondiale) a Torino sono stati ideati e realizzati i “microrigeneratori”: dei piccoli motori domestici che producono energia e calore e che potrebbero risolvere il problema dell’esaurimento delle scorte petrolifere (oltre che dell’inquinamento ambientale). 
     Ebbene, oggi non è la Fiat in Italia ma la Volkswagen in Germania a decidere di convertire molti stabilimenti dalla produzione di automobili (il cui mercato è saturo) alla produzione di microrigeneratori (la cui diffusione potrebbe rendere del tutto superflua la costruzione di pericolose centrali nucleari). Nel dibattito fra imprenditori privati, sindacati e governo questa ipotesi di riconversione industriale non circola minimamente: a riprova dell’ignoranza che caratterizza il livello medio dei ceti dirigenti attuali.
     Le associazioni che hanno invitato Pallante a Palermo non intendevano avere soltanto idee-guida generali né si sono accontentate di indicazioni tecniche più in dettaglio: hanno deciso, inoltre, di aprire anche in città un “circolo della decrescita felice” che possa servire da agente permanente di traduzione delle acquisizioni teoriche in stile di vita personale e in provvedimenti legislativi e amministrativi efficaci. In una fase di rassegnazione alla banalità delle idee e allo squallore dei comportamenti privati e pubblici, non è certo da sottovalutare la preziosità di una prospettiva utopica (o, per lo meno, ideale) che si basa - come tutte le rivoluzioni che hanno avuto un qualche impatto nella storia - su un’idea semplice: i consumi compulsivi sino allo spreco (senza i quali il sistema capitalistico attuale si incepperebbe) non danno un grammo della gratificazione ricavabile da relazioni umane significative, fondate sulla sobrietà e sulla reciprocità anziché sull’ostentazione del benessere e la competitività.
                                                                                                                                    Augusto Cavadi
                                                                                                       “Repubblica - Palermo”, 19.3.2010

venerdì 19 marzo 2010

EFFE.



Lo vedo ogni domenica mattina. I nostri sguardi si incontrano, puntualmente, e ci doniamo un aperto e cordiale sorriso. Lui è F., mio ex alunno. Uno di quelli “difficili”, uno dei tanti a rischio di dispersione scolastica, in questa città. Dopo l’ennesima bocciatura, a sedici anni e passa, è riuscito finalmente a prendere la licenza media. Solo grazie a quelli che gli addetti ai lavori chiamano “interventi didattici individualizzati”: vuol dire che, col mio aiuto, abbiamo studiato insieme la seconda guerra mondiale, le leve, i vulcani …
Ora vende il pane, la domenica mattina per l’appunto, in una stradina vicino la Stazione Centrale. A cosa gli sia utile la licenza media, non lo so. Se ha aumentato di un grammo la sua dignità umana, il suo senso civico, non so. Certo lo spero. Ma non ne sono sicura. Mi rimane il suo sguardo: ancora pulito, fresco, buono. Come il pane.
Maria D’Asaro
(pubblicato su“Centonove” il 19-03-2010)

mercoledì 17 marzo 2010

INVICTUS


Dal profondo della notte che mi avvolge

buia come il pozzo più profondo, da polo a polo,

ringrazio qualunque dio esista

per la mia anima indomabile.


Nella feroce morsa delle circostanze

non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia

Sotto i colpi d'ascia della sorte

il mio capo è sanguinante, ma indomito.


Oltre questo luogo di collera e lacrime

incombe solo l'Orrore delle ombre

ma la minaccia degli anni

mi trova, e mi troverà, senza paura.


Non importa quanto sia stretta la porta,

quanto piena di castighi la vita.

Io sono il padrone del mio destino:

io sono il capitano della mia anima.




All’età di 12 anni, Henley rimase vittima della tubercolosi. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che lo costrinse all’amputazione di una gamba per sopravvivere. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all’età di 53 anni.La poesia "Invictus" fu scritta proprio sul letto di un ospedale.

La poesia è citata nel film del 2009 Invictus - L'invincibile di Clint Eastwood. Viene infatti usata da Nelson Mandela (Morgan Freeman) prima per alleviare gli anni della sua prigionia durante l'apartheid e poi per incoraggiare il capitano della squadra sudafricana di rugby François Pienaar (Matt Damon).

venerdì 12 marzo 2010

AL LUPO, AL LUPO


Oggi possiamo affermare con sollievo che la temuta pericolosità del virus dell’influenza suina è stata smentita dai fatti. Cosa è rimasto dell’attacco di panico collettivo? Alle industrie farmaceutiche guadagni stratosferici. A noi, dosi massicce di vaccino inutilizzate. E qualche considerazione. La prima: che la paura dell’influenza è stata inversamente proporzionale al grado di cultura e di consapevolezza sociale delle persone. A Palermo, l’allarme è stato molto diffuso nelle periferie, dove abbondano disagio economico e degrado culturale. I miei alunni avevano tutti l’amuchina. Lo loro madri erano atterrite per uno starnuto e invocavano il vaccino. Che i medici hanno rifiutato di fare, pur essendo in prima linea tra i possibili contagiati. Seconda riflessione: sono rimaste senza cura la nostra ignoranza e l’incapacità di ragionare sulle informazioni fornite in modo allarmistico dai media. Girata la pagina dell’allarme influenza suina, ci rimane, forse, l’amara consapevolezza di essere stati un po’ tutti dei “polli”…
Maria D’Asaro


(pubblicato su“Centonove” il 12-03-2010)

sabato 6 marzo 2010

MIMOSE


Dopo l’ennesimo seminario sul bullismo, che si è proposto di fornire agli operatori scolastici una efficace valigia degli attrezzi per contrastare questa nuova (o vecchissima?!) piaga, mi colpisce la nota che segnala in crescita il bullismo praticato dalle ragazzine. In effetti, dall’osservatorio privilegiato di una scuola media di periferia, è facile verificare che oggi sono più diffusi gli atteggiamenti di prepotenza e di arroganza verbale da parte di alcune ragazzine. Comportamenti che non trovano affatto argine o soluzione nel cinque in condotta proposto dalla ministra Gelmini. Che sia questo il frutto inatteso di un nuovo, malinteso orgoglio femminista in auge nelle nostre periferie palermitane? Talvolta ho la triste sensazione che la voglia di uguaglianza delle donne si esprima scopiazzando i modelli comportamentali più discutibili dell’universo maschile. Nell’imminente ricorrenza dell’otto marzo, voglio allora citare, ancora una volta, il settimanale satirico “Cuore”, che ammoniva: “Uguali, ma non per fare le stesse sciocchezze!”
Maria D’Asaro
(pubblicato su“Centonove” il 5-03-2010)