venerdì 31 luglio 2009

L'amaca - Michele Serra



E dunque sembra che parte del mondo cattolico consideri con fastidio il portamento sessuale del signor B. Quello che resta oscuro – per le anime semplici come chi scrive – è che cosa, nel corso degli ultimi vent´anni, il suddetto mondo cattolico abbia pensato di tutto il resto: dell´accumulo di potere, dello sfoggio di ricchezza, dei mercanti nel tempio, dell´umiltà ignorata, delle leggi piegate a interessi privati, della comunità mercificata, dell´ingordigia lodata, della sobrietà dimenticata. C´era forse qualcosa di evangelico, nella parabola del signor B? Qualcosa di pio nei suoi palinsesti? Qualcosa di salvifico in lui medesimo, come ebbe a dire nei suoi giorni estremi il povero Baget Bozzo? Possibile che per tanti cattolici sia sempre e solo il sesso, a produrre sobbalzi etici, ripensamenti morali? Non era già abbastanza anticristiano un signore venuto al mondo per santificare i quattrini e la pacchianeria del potere, banalità per altro già arcidiffuse? C´entrava qualcosa con De Gasperi? Con Sturzo? Con il cristianesimo sociale, con lo scoutismo austero, con il pallore delle suorine, con i canti ciellini? Sono stati muti e sordi per vent´anni. Li ha risvegliati uno sfarfallio di mutande.

26/07/2009 La Repubblica

giovedì 30 luglio 2009

ORTI


Tagliuzzi cipolle,
sminuzzi parole.
Coltivi lattughe,
intrecci distanze.

Ari una terra,
dura e deserta.
Annaffi nel cuore
germogli d’amore.

martedì 28 luglio 2009

PARADISO TERRESTRE


Se si tiene conto che per quantità e fruibilità di spazi verdi Palermo è in fondo alla classifica dei capoluoghi italiani, la realizzazione dello splendido manto erboso che è il giardino del Foro Italico di Palermo risulta ancora più preziosa. Con una sua felice originalità: alla villa a mare (così è appellata da molti palermitani) vanno veramente tutti. Uomini e donne, ricchi (e non) a fare footing, poveri a mangiare panini la domenica, palermitani qualunque per cinque minuti di relax, extracomunitari per giocare a pallone, ragazzi a “babbiare”, nonni con i nipotini che fanno volare gli aquiloni. Cani di tutte le razze che inseguono bastoncini lanciati dai padroni, cani senza padrone. In una città lacerata dalle differenze sociali, il Foro italico appare, per un attimo, uno spazio interclassista, interrazziale. Persino ecumenico. Un luogo di serena integrazione. Davvero un paradiso terrestre (paradeisos = giardino, in greco). Con ampie finestre sul mare.

(“Centonove”: 24.07.09)

mercoledì 15 luglio 2009

Solo tre minuti


Vieni? – aveva chiesto, timidamente – Solo tre minuti - aveva risposto con voce ammantata di palpabile fastidio. Lei cominciò ad attendere quietamente, mentre il profumo di melanzane inondava la cucina.
Il tempo scorreva puntuale. Albe luminose inseguivano fantasmi di temporali notturni.
I figli chiedevano: - Dov’è papà? – Verrà tra tre minuti – disse loro dolcemente.
La maggiore, impaziente, comprò uno sfarzoso abito da sposa e volle subito celebrare le nozze. - Tanto papà viene tra tre minuti – esclamò spumeggiante.
Venne l’inverno. Lei non sentì freddo, avvolta com’era nell’ampia trapunta di sogni e speranze.
“Tangente di 0 è 0, tutte le corde valgono 2 r seno di X… I valori annullano la derivata – sentenziava il figlio matematico – Questo papà lo sa bene - continuava – Ma tu non capisci niente – Lei annuiva sorridendo e gli chiedeva di ripeterlo a papà, tra tre minuti appena.
- Si – borbottava il Signore delle Formule – 4/3 di ∏ r3… Come fai tu a vivere senza capire che la derivata è, in un punto, la tangente alla funzione... sei per metà ignorante e per metà deficiente…-
Lei gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi e lo rassicurò: papà, tra tre minuti, avrebbe capito tutto.
Tornò ancora la primavera. Annunciata dalle foglioline tenere dei pioppi.
Poi venne anche l’autunno. Il vento discuteva animatamente coi rami dei platani e faceva piangere i piccoli ibiscus.
Sui suoi capelli si era posata una polvere bianca; sul volto c’era un ricamo di mille rughine intrecciate.
Intanto l’altro figlio divenne un principe tenebroso, con una spada fatata capace di sciogliere i nodi impossibili e uccidere tutti i draghi malvagi. La ospitò per lunghissimo tempo nel suo castello pieno di fiori e di cuccioli.
Lei aveva viaggiato, arato, stirato, narrato, bevuto, dormito. Aveva amato, d’amore diverso, diversi amori. Un uomo la chiese in sposa. – Ma ho già un marito, che verrà tra tre minuti – obiettò gentilmente. – Vuol dire che le nostre nozze dureranno solo due minuti – insistette con voce ferma e gentile il signore d’altri tempi – aspettavo da sempre una dama dagli occhi di cerbiatto…
Fecero in tempo a partorire 21 minutissime creature, e poi ancora quattro che parlavano lingue straniere. Le curò, le vegliò, le allevò finchè divennero vigorose e ciarliere e vissero senza l’acqua del suo amore, forti delle proprie radici, girovagando sicure per il vasto mondo.
Allo scadere dei due minuti, il gentiluomo prese delicatamente commiato: - Grazie – le disse con occhi premurosi – Non c’è di che – ricambiò lei con un sorriso.
Infine divenne uno specchio, in cui si specchiavano amanti, uccellini dalle ali ancora tenere, gocce di acqua stanche del viaggio, passanti che mormoravano piano, panettieri nerboruti.
Finchè una sera, mentre avvolgeva nuovi gomitoli e imbastiva costumi per un saggio di danza, lui tornò. Serenamente distratto.
Però… mi sembri un po’ diversa – esclamò guardandola fugacemente e appressandosi a uscire: sarebbe tornato tra tre minuti appena.
Lei indossò uno dei migliori volti possibili e gli donò il più luminoso dei sorrisi. E sparì, tornando alla nuova luccicante dimora: via Lattea, n.∞.

venerdì 3 luglio 2009

DIVIETO DI SOSTA


No signù: non può posteggiare qui …” “Perché? Non c’è nessun divieto, né passo carrabile” Ma i quattro ragazzini, taglia piccola, uno solo più grande, occhi neri che volevano essere duri e feroci, ripetevano: “Cca ‘un si po’ mettiri”. E per essere convincenti occupavano con i loro piccoli colpi spavaldi lo spazio utile per posteggiare. Ovviamente non c’era alcun divieto. Se non quello inventato al momento dalla piccola banda perché non fosse occupato lo spazio prezioso in loro possesso per giocare a pallone.Ingrano la prima e via alla difficile ricerca di un altro posteggio. In una Palermo che non eccelle per senso civico e rispetto degli altri, in una città un cui la “soperchieria”, l’arrogante sopruso a forza subito, è spesso la norma, la prepotenza di ragazzetti che inventano un divieto per potere giocare a pallone, alla fine si può sopportare. E magari salutare con un lieve, consapevole sorriso.

(“Centonove”: 19.06.09)

RIFIUTI ... FUORI.


“Nell’Isola (…) l’immondizia appartiene alla sfera pubblica. La casa deve rimanere inviolabile dalle sporcizie del mondo” scrive Roberto Alajmo in “Palermo è una cipolla”. “Dopo le sei del pomeriggio ogni appartamento avrà un sacchetto di spazzatura (…) fuori dall’uscio”. Usanza facilmente verificabile in tutti i condomini palermitani, senza differenze apprezzabili tra centro e periferia.
Mi viene un sospetto: che noi palermitani, come i lattanti osservati dalla psicoanalista Melanie Klein, siamo fermi nella fase “schizo-paranoide”, che traccia linee nette tra buono e cattivo, tra pulito e sporco, tra dentro e fuori. Ma di solito i bambini osservati dalla Klein passavano poi a una condizione psicologica più matura, consapevoli che la mammella/mondo non fosse tutta buona o tutta cattiva. Invece noi palermitani sembriamo incapaci di fare questo passaggio. Ci barrichiamo dietro la porta di casa. E continuiamo stupidamente a credere che tutto il buono è dentro, e tutto il marcio è fuori.
(“Centonove”: 26.06.09)