lunedì 27 aprile 2009

CASCO? SI, GRAZIE!


Se il senso civico di una città si misurasse dalla qualità dei gesti di chi è al volante, è noto che Palermo sprofonderebbe tra le città meno “civili” d’Italia. Se poi considerassimo la condotta di chi è alla guida di un motore – così alle nostre latitudini appelliamo motocicli e motociclette – senso civico e buon senso sparirebbero quasi del tutto. Infatti, nelle nostre periferie in motore si va in due, se non in tre, si imboccano i sensi vietati, si fa lo slalom tra le auto. E soprattutto non si usa il casco. Attenzione, non ho la vocazione della legalista: sono convinta che un po’ di sana anarchia può essere segno di intelligenza critica e di pensiero creativo. Ma credo che lo spirito anarchico andrebbe usato per cause migliori: l’obiezione alle spese militari o piantare cento alberi nottetempo, per esempio. Non certo per rinunciare, con stupida spavalderia, a un casco salvavita.
(“Centonove”: 24.4.09)

domenica 19 aprile 2009

L'ORA ILLEGALE


Lo so: vado controcorrente. Ma i sette mesi di ora legale non mi vanno proprio giù. Ovviamente conosco bene la manifesta utilità economico/ecologica dell’ora legale, che, ormai dal 1966, ci fa spostare gli orologi avanti di un’ora da primavera ad autunno inoltrato, regalandoci più luce solare e un minore utilizzo di lampadine. E’ proprio questo il punto: sarà che sono una crepuscolare, ma l’eccesso di solarità mi dà fastidio. Mi basterebbe quantomeno un pareggio: sei mesi di ora solare e sei di legale. In questa mia fissazione c’è lo zampino di uno psicologo, mio rimpianto professore, che ci diceva: “Sapete perché Tiresia, l’indovino di Tebe, è cieco? Perché abbiamo bisogno di chiudere gli occhi esteriori per aprire il nostro occhio interno e capire noi stessi e gli altri”.
Non ciechi come Tiresia, ma un po’ di penombra, quella sì, ci servirebbe forse per guardare il mondo con gli occhi dell’anima.

("Centonove": 17.04.09)

mercoledì 15 aprile 2009

REVOLUTIONARY ROAD



(Attenzione: lo scritto potrebbe svelare parti del film)

Come ci si sente quando una lei capisce che la persona di cui si era innamorata esiste solo nella sua mente e un lui scopre di non essere attratto solo dalle gioie familiari e da come se la raccontava da ragazzo, ma anche dalle lusinghe di una rampante carriera, con contorno di spensierate scopatine fuori programma con la segretaria di turno?
Questo il succo dell’amara commedia “Revolutionary road”, ottimamente recitata da Leonardo Di Caprio e da Kate Winslet, a firma di Sam Mendes (già regista di “American Beauty”), specialista nello scandagliare impietosamente la fragilità di fondo della middle-class americana. Dove, pare, si possa anche morire per un matrimonio, per un amore “scaduto”, irrimediabilmente andato a male come un bicchiere di latte inacidito che non è riuscito a diventare yogurt. Il “Ti amerò per sempre” in realtà, oltre che essere una frase fuori moda, rischia di essere improponibile non solo negli angusti orizzonti della provincia americana di ieri, ma anche nelle moderne società europee di oggi. Credo infatti che corrisponda a verità il mutamento strutturale dei paradigmi emotivi, ben esemplificati da Zygmunt Bauman, che insiste nel sottolineare le incertezze sentimentali nella nostra società sempre meno solida e sempre più liquida, in cui i legami tendono alla rarefazione, al continuo “solve et coagula”, in cui però il solvente prevale sul legame unitivo. E allora – in contraltare alla disperazione finale della lei, acuita dalla pregressa illusione di vivere un legame speciale – bisogna avere un lavoro da parte. E degli interessi. E magari anche la nostra Parigi privata di riserva. Dove volare anche da soli. Al momento opportuno. Per non morire d’amore. O di non amore, se si vuole.

lunedì 13 aprile 2009

VERBALE SEMISERIO DI UN COLLEGIO DOCENTI


………
C: “Presente”
D’A.: Presente”
………..

Che ci faccio io qui?
Strana sensazione di straniamento: volti, toni, dispute, problemi, tutto mi appare inutile e lontano….Te ne sei andata proprio un anno fa, mami, e per questo collegio non sono neppure potuta andare al cimitero…
[…..]


Il Collegio si apre con la seguente questione posta con tono baritonale da uno dei pochi colleghi di sesso maschile del conclave: “i dissenzienti sono nominabili a futura memoria o no”?
Il segretario del Collegio, forte della sua cultura matematica, offre un’estemporanea e ardita spiegazione quanti-qualitativa della cangiante posizione assunta sulla vexata quaestio dallo scrivano di turno; spiegazione che gli astanti accolgono perplessi. Solo una fulva docente espone con piglio deciso la volontà che sia infranta la cortina di silenzio che dovrebbe calare su chi dissente e chiede che il suo nome sia segnato nel novero degli oppositori.
Si passa quindi alla trattazione dell’ordine del giorno o, meglio del pomeriggio inoltrato, che prevede la valutazione obiettiva dei docenti. O, pardon, la valutazione dei docenti aventi funzione/obiettivo.
La prima docente in oggetto strappa applausi per la continuità con la quale ha assillato gli alunni perché gli stessi continuino prossimamente ad assillare con la loro discutibile voglia di studiare i docenti della scuola superiore, ormai etichettata ciclo secondario.
Tale funzione, spiega la solerte docente, è denominata orientamento. Mentre la continuità sarebbe una sorta di buco nero che bisognerebbe esplorare con i docenti della scuola primaria, pardon ciclo primario. Ma come tutti i buchi neri che si rispettino inghiotte spesso chiunque si avvicini troppo…

E’ poi la volta dell’esperto multimediale che dichiara di essere impreparato, rimediando comunque un applauso più caloroso della precedente collega, a dimostrazione che, spesso, gli impreparati hanno più successo degli altri. Con aria sorniona fa capire che, alla fine, così impreparato non era: tanto da aver creato un sito dal nulla. Qualcuno mormora che si è preparato di notte.
La docente successiva, tra le altre cose, presenta un test che parla di alunni nominati, rifiutati o addirittura esclusi dalla casa, pardon, dalla classe.
Serpeggia tra gli astanti il sospetto di trovarsi innanzi a un’edizione scolastica del Grande Fratello. Tant’è che qualche docente, approvando l’operazione, chiede e ottiene una seconda edizione a maggio, perché siano date nuove opportunità di rimonta agli esclusi dalla casa o classe che sia.
Prende quindi la parola, e la tiene saldamente in mano, il docente esperto in valutazione, che inonda il Collegio di schede e s’interroga e interroga, senza alcuna pietà per l’ora ormai tarda, sulla microvalutazione e la macrovalutazione, sui rapporti col CEDE (Cede, Cede… che ente era costui, qualcuno rimugina tra sé e sé), col Provveditorato e con gli utenti, sulle nuove sfide teoriche ed epistemologiche, sull’eterogeneità dei fini e l’incongruità dei mezzi ...bacchettando tutti coloro che non hanno ancora i libri di testo: la Didattica multimediale di Maragliano e la Qualità scuola di tal Negno….
Lo interrompe il Capo d’Istituto affermando che si provvederà immediatamente all’acquisto e allo studio dei tomi suddetti. I colleghi, intronati, approvano per sfinimento e quando Preside e Docente terminano la prolusione, scaricano la tensione accumulata tributando un lungo applauso liberatorio.

Riprende la parola la collega delle nomination, che adesso, con dovizia di particolari, espone il programma per far ottenere la nomination positiva (ma pare che la chiami integrazione) agli alunni/partecipanti che sono in situazione svantaggiata.
Pare che l’attivazione di sonorità musicali e la preparazione di gustosi dolcetti siano essenziali per acquisire il gradimento e il conseguente voto positivo dei compagni. C’è qualche problema per acquistare nuovi strumenti, ma non per l’acquisto di farina e lievito per dolci…

Alle ore 18,50, all’ordine del giorno, o meglio della sera, c’è ancora un punto: l’attivazione della classe virtuale.
Il segretario del Collegio fornisce ampie spiegazioni sul suo virtuale funzionamento, indicando tempi e modi potenziali di attuazione. A questo punto interviene un docente affermando che, essendo la classe virtuale, virtuali dovranno essere anche i docenti ad essa preposti.
Il Collegio, sfinito, si esprime: pare che, alla fine, la classe sarà tanto virtuale da rimanere confinata nel ‘file’ di chi l’ha ideata…

Ma c’è ancora una docente che ha il coraggio di prendere la parola per proporre un complesso progetto di recupero di cui non è facile cogliere il fine recondito.
Pare comunque di capire che si tenterà di far studiare matematica alla quarta ora del martedì a un gruppetto di svogliati irriducibili. Sono ormai le 19,30: il Collegio trattiene un generale raptus assassino solo perché frenato dalla visibile incipiente maternità della collega, che tuttavia si ostina vieppiù a parlare di ‘recupero’ nonostante il tempo sia da considerarsi più che scaduto.
Ancora un docente, alla fine: parla di bambini georgiani che dovrebbero venire in vacanza, a Palermo….
Cosa è stato? Il Collegio è finito. I bambini georgiani ….
Accidenti, questi non sono virtuali…….Se avessi la casa più grande li ospiterei….

“Gente bella” : recensione a carte scoperte…

Giochiamo a carte scoperte: l’autore è un amico, e ha ospitato in Gente bella (Il pozzo di Giacobbe, Trapani, 2004, €15 euro) una mia lettera in memoria a Peppino Impastato. Quale possibilità, per essere credibile, se non quella di essere impietosa nel tratteggiare del libro innanzitutto le ombre?
La prima: il criterio cronologico con cui sono presentati i volti “della bella gente” di cui si parla. Dopo l’eccellente introduzione, pervasa da una toccante tensione etica, ci viene proposta un’intervista-colloquio con don Cosimo Scordato, datata e un po’ indigesta. Più che un’intervista, si tratta di un monologo che non rende affatto la“bellezza” dell’intervistato e l’originalità della sua esperienza. Di contro, il successivo colloquio con Sergio Cipolla, presidente di una O.n.G. che realizza progetti di aiuto nel Terzo Mondo, risulta poco significativo perché troppo angusto. E le pur interessanti interviste a don Carlo Molari e al padre cappuccino Ortensio da Spinetoli, non riescono ancora a far innamorare il lettore del libro.
Proporrei allora di considerare come inizio ideale della raccolta, che da qui tiene fede alle premesse introduttive, l’intervista a Giovanni La Fiura “uno dei protagonisti silenziosi la cui preziosità sarà misurabile solo in futuro, quando il tempo aiuterà a distinguere l’oro dai fondi di bottiglia” in un movimento antimafia che, senza la fatica quotidiana e sottovalutata di persone come lui “sarebbe un grosso bestione senza cervello” (pag.57). A essa seguono l’intervista-gioiello a Francesco Stabile, capace di fornire sinteticamente la summa degli intricati rapporti tra Chiesa e mafia in Sicilia, e le belle pagine dedicate al pastore valdese Panascìa.
Apparse in prima lettura su “La Repubblica”, luminosi squarci di verità sono offerti dalle interviste a Simona Mafai, al prof. Barcellona e a don Vincenzo Sorce, per il quale “è essenziale il monito di don Milani: servire i poveri senza servirsi dei poveri.” (pag.114). Tratteggiati con cura, tra gli altri, i ritratti di don Meli e di Amelia Crisantino, docente, studiosa di sociologia e scrittrice.
Ecco però un’altra “mancanza” del libro: l’assenza di una qualsiasi foto o disegno che evochi la persona ricordata, se si eccettua la scelta felice di creare la copertina del libro con la foto di Candida Di Vita, la cui straordinaria normalità costituisce il primo dei ritratti in memoria. Che comprendono don Pino Puglisi, Peppino Impastato, Giorgio La Pira e gli eroi siciliani, quasi del tutto ignoti, Francesco Lo Sardo e Lucio Schirò D’Agati. Solo alcuni, peraltro, “di quell’immenso, silenzioso fiume del “popolo del Bene” (…) accomunato dalla convinzione che la felicità altrui è il metro della propria gioia di vivere”(pag.8).
In un momento storico così avaro di speranza, incapace di offrirci significativi sguardi in avanti, anche se non fossimo suoi amici, credo che potremmo essere grati all’autore per averci dato l’opportunità di conoscere o ripensare a “tante persone belle”, esempi luminosi per i credenti in Dio e per i credenti in altri valori. Nella certezza, come ci ricorda nell’introduzione, che Dio, “se c’è, potrebbe essere la memoria fedelissima in cui restano incise, per sempre, le biografie più nascoste delle creature effimere che siamo”.
                                                                        Maria D'Asaro

SANTI SUBITO




Cesare Terranova, Gaetano Costa, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Rocco Chinnici, Antonino Saetta, Rosario Livatino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, Emanuele Basile, Carlo Alberto dalla Chiesa, Mario D’Aleo, Boris Giuliano, Giuseppe Montana, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia, Vito Schifani, Agostino Catalano, Claudio Traina, Epifanio Li Puma, Placido Rizzotto, Salvatore Carnevale, Pasquale Almerico, Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, p.Pino Puglisi, Giovanni Bonsignore, Filippo Basile, Mauro De Mauro, Mario Francese, Giuseppe Fava, Beppe Alfano, Paolo Giaccone, Pietro Patti, Libero Grassi…e chiedo perdono per tutti quelli che non ricordo.
Oltre che all’onnipresente padre Pio, nelle piazzette delle nostre città dovremmo dedicare una lapide, se non una statua, a questi nostri martiri. In Sicilia c’è bisogno di segni tangibili per custodire e onorare la memoria di tali eroi. Uomini e donne che hanno lottato per l’eguaglianza e la giustizia e sono morti per non tradire l’onore e la dignità dei siciliani. Santi subito.
(“Centonove”: 10.4.09)

giovedì 9 aprile 2009

SETTE ANIME


Film variegato e complesso, “Sette anime”, recente successo firmato da Gabriele Muccino, suggerisce almeno due possibili piste di lettura.
Una “estetica”. L’altra “etica”. Secondo i canoni estetici, a mio avviso, il film è ben fatto: coinvolgente la storia, spedita e sicura la sceneggiatura, buona la recitazione degli attori protagonisti. Se ci spostiamo però sul piano dei fatti e dei comportamenti, il film non mi convince affatto. Per i tre messaggi di fondo che la storia suggerisce: chi sbaglia – ad esempio causando un terribile incidente stradale - non ha redenzione, ma è costretto a convivere con schiaccianti complessi di colpa. Per i quali l’unica espiazione possibile è l’estremo sacrificio di sé, con conseguente donazione degli organi. Ma non a chi ne ha più bisogno. A coloro che lui stesso – arbitro assoluto di tale scelta – ha deciso fossero sufficientemente buoni da meritare il frutto del suo discutibile martirio.
Alla spettatore, confuso e perplesso, dopo tanto dolore, non resta che consolarsi (!?) pronunciando la temuta o agognata parola: “Dibattito!”. Indispensabile se a vederlo sono giovani implumi, troppo sensibili alle sirene evocate dal regista.

mercoledì 8 aprile 2009

FERMATA OBBLIGATORIA


Non si fa guardare negli occhi, nascosti da spesse lenti marrone. Ma a volte lo sguardo è nudo: sfuggenti, impenetrabili pupille celesti, perse in un indecifrabile altrove. Lo vedo quasi ogni giorno, seduto sulla panchina di una fermata dell’autobus: di mattina, come alle quattro del pomeriggio. In realtà non aspetta l’autobus. Anzi, credo che non aspetti proprio niente. Le scarpe logore, gli abiti malconci e le grandi mani scure, il velo di nero sulle unghie dicono che è senza fissa dimora. Un barbone. La donna, chiusa nell’insegnante che va di fretta a scuola, si domanda: quale uomo è nascosto dietro la maschera del barbone? Quali rovesci, quale solitudine, quali abbandoni lo hanno ridotto così? Dov’è quando non sta qui, immobile e silenzioso? Vorrei salutarlo. Chiedergli come sta. Come si chiama. So che non lo farò. Non domani. Lo guardo, ancora. E, nel mio cuore, lo accarezzo, pian piano. In silenzio.
("Centonove": 8/5/09)

Illuminations


Ho teso corde da campanile a campanile;
ghirlande da finestra a finestra;
catene d'oro da stella a stella, e danzo.

"J'ai tendu des cordes de clocher à clocher;
des guirlandes de fenêtre à fenêtre;
des chaines d'or d'étoile à étoile, et je danse.''


A. Rimbaud - Illuminations - 1886.

martedì 7 aprile 2009

L'INUTILE RITO DELL'OCCUPAZIONE


Esprimo la mia indignazione, come cittadina e come madre di due figli frequentanti istituti liceali di Palermo, per la rituale occupazione tardo-autunnale delle scuole superiori. Occupazione che, mi pare, avvenga ormai con una sorta di rassegnata sopportazione - se non di tacita acquiescenza – da parte di molti docenti, dirigenti scolastici e genitori e tra l’indifferenza dell’opinione pubblica. Quasi che si tratti di una sorta di malattia stagionale endemica della scuola italiana, per la quale non esiste un vaccino adeguato e dalla quale si guarisce stando a casa da metà novembre a inizio gennaio. Invito allora gli operatori scolastici e i genitori ad adoperarsi affinché gli studenti abbandonino una consuetudine che, quando non è di fatto un’anticipazione arbitraria delle vacanze natalizie, è comunque – a mio avviso - una forma di protesta ormai logora e stantia, da tempo svuotata da positive valenze di partecipazione democratica e spesso priva di obiettivi chiari e condivisi. E che nega nei fatti il diritto allo studio alla maggioranza degli studenti, fornendo un ulteriore motivo di discredito alla tanto martoriata scuola pubblica, meritevole di ben altra attenzione e di nuove forme di sostegno e di lotta.
(La Repubblica/Palermo, 27 novembre 2004)

LA MOSTRA ALLA VIGNICELLA


Chi, come me, era all’interno dell’ex ospedale psichiatrico nell’area monumentale della “Vignicella”, ha avuto un’opportunità rara nella nostra città.
Quella di constatare che, a volte, le piccole utopie possono realizzarsi. Ho toccato con mano che, per fortuna, ci sono ancora progetti che hanno una mente, un’anima e un corpo. Come quello della cooperativa “Solidarietà” (sorta all’interno del Modulo di Dip. 2 di Salute mentale dell’ Ausl 6, che difende la biodiversità e promuove la salute e l’inclusione sociale di persone con disagio psichico. Progetto Vivo e vegeto, appunto, come il nome dato alla mostra di cactus e piante succulente esposte alla “Vignicella”.
La tensione verso una comunità terapeutica, ribadita dal sociologo Enzo Sanfilippo, si è anche incarnata nel gruppo vocale “Coralmente”, costituito da utenti dei servizi psichiatrici, loro familiari, operatori dei Servizi di Salute mentale e cittadini volontari, coro diretto dallo psichiatra G.Romano e dai maestri L.Girgenti e Elide Scarlata. Commoventi e suggestive voci dell’Anima, tutte necessarie nelle loro diversità, sono state quelle offerteci da cantate rinascimentali e canti gospel, che hanno concluso una mattinata in cui si è respirata un’aria diversa, in un angolo della città felicemente restituito ai suoi cittadini.
(pubbl. La Repubblica/Palermo 6.05.07)

MOVIMENTI EVANGELICI E BISOGNI REALI


Condivido le riflessioni espresse nell’articolo “Il segnale che arriva dal velodromo dello Zen” dal prof. Augusto Cavadi, che sottolinea come il proliferarsi dei movimenti evangelici e pentecostali sia dovuto sia alla grave disattenzione teologica da parte dei pastori delle chiese tradizionali sia alla colpevole distrazione sociologica da parte dell’intellighenzia laica, ugualmente incapaci di ascoltare i bisogni reali delle persone, bisogni che afferiscono a tutte le dimensioni dell’umano e non solo alla sfera intellettuale.
Il pericolo indicato è che queste larghe fette confessionali sfuggano alla dialettica e al confronto sociale e si arrocchino in posizioni acritiche e fondamentaliste, facilmente strumentalizzabili. Aggiungo che considererei con uguale apprensione gli esiti di alcuni movimenti spirituali “new age”, destinati, a mio avviso, a derive ugualmente irrazionali e fondamentaliste. Auspico allora che – perché non sia travolta a destra e a sinistra - la spiritualità di matrice cristiana sia tradotta dai credenti e dagli uomini di buona volontà in azioni e gesti socialmente significativi, al servizio non solo delle menti ma anche del cuore e delle emozioni degli uomini.
(La Repubblica/Palermo - 27 settembre 2006)

IL BUONO LIBRO VANIFICATO


Per promuovere il successo scolastico di tutti gli alunni, fornendo la possibilità di accesso ai testi scolastici, anche quest’anno, in applicazione dei D.P.C.M. 5/8/99 n.320 e 4/7/00 n.226, saranno erogati fondi per la fornitura gratuita, totale o parziale, dei libri di testo agli alunni meno abbienti frequentanti la scuola secondaria di primo grado. Fondi aggiuntivi rispetto al buono/libri distribuito a tutte le famiglie indipendentemente dal reddito e distinti dai discussi e discutibili buoni/scuola per chi frequenta istituti privati.
Ma ecco – per esperienza diretta – cosa succede oggi in una qualsiasi scuola media di Palermo: "Rosario, dov'è il libro di matematica?" "Mia madre aspetta il sussidio per comprarmelo, perchè mio padre è disoccupato, in famiglia siamo sei e non abbiamo soldi per il libro..."
Questo perché il buono-libri aggiuntivo, almeno a Palermo, viene erogato quasi a fine anno scolastico! Tale ritardo è una gravissima disfunzione amministrativo-finanziaria che vanifica il fine della legge, trasformando il provvedimento in uno spreco di denaro pubblico. Infatti, se dati ad aprile, tali fondi sono per lo più utilizzati per acquistare uno zaino “griffato” o l’ultimo modello di jeans a vita bassa. E’ come se la vaccinazione anti-influenzale fosse fatta tardivamente, quando ormai la malattia è endemica e il vaccino è perciò inutile e inefficace. E’ necessario allora che Regioni e Comuni eroghino i finanziamenti al massimo entro il primo mese di scuola, meglio ancora se in “natura”, cioè come consegna diretta dei libri di testo.

(La Repupplica/Palermo - 31.10.2004)

lunedì 6 aprile 2009

Gli studenti e la legalità


Alla presentazione della ricerca per l’educazione affettiva e cognitiva alla legalità promossa dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo su nove scuole medie della città io c’ero. Come psico-pedagogista della scuola “Cesareo”, uno dei docenti osservatori previsti dal progetto. Ed ero anche a villa Niscemi, dove il 21 maggio scorso è stata data una restituzione dei dati raccolti attraverso la ricerca. Ho avuto bisogno di qualche settimana per far sedimentare prima l’indignazione, poi il profondo senso di amarezza, dovuti ai titoli a effetto che mi hanno ferita due volte, come docente e come cittadina palermitana, perché evidenziano solo una verità parziale.
Infatti, quanto affermato il 22 maggio nell’articolo a firma di Marco Nuzzo (che la criminalità, in alcuni quartieri, diventi l’unica alternativa al vuoto, l’unica possibilità di essere qualcuno e che quindi la mafia, per alcuni alunni, possa essere recepita come un’organizzazione che offra sicurezza e intermediazione) è sicuramente un dato di realtà riscontrato in un campione (rappresentativo?) della nostra scuola palermitana. Dato, peraltro, del tutto noto agli operatori scolastici onesti e alla società civile attenta nelle sue analisi: dire che sia stata un’indagine dell’Università a farcelo sapere è proprio un’ingenuità, è solo scoprire, come afferma il prof. Augusto Cavadi nel suo articolo del 4/6, che il re è nudo. Che poi l’assessore alla Trasparenza ne addossi l’intera responsabilità alla scuola, è però francamente inaccettabile. Non perché i docenti non abbiano il dovere di fare autocritica sulle didattiche antimafia via via utilizzate, ma perché la responsabilità di tali condizionamenti risale soprattutto ai modelli proposti dalla famiglia, dal quartiere, dalla società e dalla politica, che ha addirittura teorizzato la possibilità/necessità di convivere con la mafia. Ma c’è un'altra verità che non è stata fatta conoscere. Ci sono tutti quegli alunni che, anche in un quartiere come Ballarò, ritengono che Peppino Impastato sia un eroe perché si propone agli altri per le proprie qualità e il proprio coraggio; ci sono tanti ragazzi che sono pervenuti a un’idea avanzata di legalità come rispetto per l’altro, anche quando l’altro non c’è; in alcune scuole ci sono ragazzi dotati di filtri culturali che li hanno resi capaci di leggere la realtà in modo complesso. E questo viene affermato non da me, ma dal report finale del progetto “Adesso, ancor più di quanto accadesse in passato, le scuole sono lasciate sole, abbandonate, non aiutate nel loro principale mandato istituzionale”. Michael Moore, premiato a Cannes con la Palma d’oro, ha citato la frase di Lincoln “Se date al popolo la verità, il popolo è salvo”. Mi permetto di suggerire a giornalisti, ricercatori e politici di tentare di essere onesti e dare la verità, non una verità parziale che serve solo ad aggiungere altra amarezza e sofferenza nell’anima di quei siciliani che qualcosa contro la mafia hanno tentato di farla.

(La Repubblica/Palermo: 10 giugno 2004)

Berlusca e i comunisti


Berlusconi che dice di combattere oggi i comunisti mi fa pensare a mio figlio di tre anni che vuole pulire la stanza dopo aver visto che ho passato lo straccio. Il 16 marzo ricorre il triste anniversario del rapimento di Moro. Molti di noi, in quegli anni, si sono dati da fare per difendere l’Italia dagli estremisti rossi impazziti. Alcuni, come il Presidente Moro, ci hanno rimesso la vita. Che faceva Berlusconi nel ’78, quando lottare contro il terrorismo comunista era dovere di ogni autentico democratico? Temo che pensasse semplicemente ai fatti suoi. Oggi, invece, vuole ripulire il paese dai comunisti, forse ignaro del fatto che è stato il Tribunale della storia a cancellare, non tanto il sogno di uguaglianza e di giustizia tra gli uomini, ma le velleitarie, e spesso nefaste e sanguinose, vie di realizzazione del comunismo reale.



(La Repubblica, 16 marzo 2004)

sabato 4 aprile 2009

VIA !


Pochi palermitani sanno che V.I.A. è l’acronimo per Valutazione di Impatto Ambientale: la misura del “peso” delle nostre azioni sul pianeta terra. In consumo di materie prime, utilizzo di acqua, immissione di anidride carbonica in atmosfera, quanto costano alla natura la produzione di una moto, la costruzione di una villetta, un viaggio in aereo da Palermo a Milano? Alex Langer, compianto fondatore dei Verdi, auspicava che la valutazione di impatto ambientale divenisse il nocciolo di una nuova sapienza sociale e fosse quindi saldamente ancorata negli ordinamenti giuridici. Una cosa potrebbe fare subito il Ministro dell’Istruzione: istituire, oltre al discutibile voto in condotta, un voto per la condotta ambientale: quanto usi la bici anziché la moto? Fai la raccolta differenziata o getti tutto in discarica? Hai cura del verde del tuo quartiere? Forse il sette in comportamento ambientale stimolerebbe nuovi stili di vita. E una boccata d’ossigeno per la nostra Palermo!

“Centonove”: 20.02.09

giovedì 2 aprile 2009

NOTTI BIANCHE, GIORNI NERI



Dappertutto impazza la “notte bianca”: cinema, negozi, bar, musei, aperti senza limiti a chi voglia fruirne. Hanno cominciato le grandi capitali: Londra, Berlino, Roma, Parigi. Poiché le mode le lanciano i ricchi e le copiano i poveri, come preconizzavano Gramsci e Pasolini, il fenomeno si sta diffondendo, a cascata, anche nei paesini. Addirittura nelle desolate periferie cittadine. Sino alla Guadagna, periferia palermitana dove una notte bianca ha festeggiato il primo compleanno di un centro commerciale.
So di non essere obiettiva perché confesso che, di notte, mi piace dormire. Ma andarcene in giro sino alle tre, non tanto per ammirare un quadro di Velasquez o di Klimt che non potevamo vedere di giorno, ma solo per mangiare un cornetto, bere cocacola o acquistare l’ennesimo telefonino, migliora veramente la qualità della nostra vita? Forse non troppo. In compenso, con massicce immissioni di CO2, peggiora sicuramente lo stato di salute della nostra terra.

“Centonove”: 26.12.08

POCHI MA BUONI


Ormai è quasi un’ossessione. Gli scaffali dei negozi e i mercatini rionali, traboccanti di merci e di infinite cianfrusaglie, mi procurano sconcerto e disgusto. Mi chiedo quanti oggetti siano effettivamente utili e quanti invece vadano ben presto a riempire le nostre già sature discariche. Di ogni oggetto, oltre al valore d’uso e/o di scambio, considero anche il peso dell’impatto ambientale sulla nostra madre terra, irresponsabilmente violentata e inquinata. Per la cui salute vorrei formulare una preghiera laica a economisti e consumatori: ai primi perché abbandonino l’infausto teorema della crescita infinita; ai secondi perché riducano il numero delle borsette, dei pantaloni, dei tanti oggetti che riempiono le loro case, ma non danno più sapore alla vita. Per un economia che, come le lampadine, funzioni a basso consumo: riduca le quantità e aumenti la qualità. Cibo senza veleni, abiti di buon cotone, scarpe prodotte senza sfruttare lavoratori/ bambini. Meno cose, ma buone.

“Centonove”: 19.12.08

mercoledì 1 aprile 2009

La donna semplice


(...) In fondo, anche se citava Celan, Luce Irigaray e Achenbach, lei era una donna semplice. Persino banale. Le piaceva il caffelatte la mattina, adorava guardare le nuvole, gioiva per le zaffate di zagara. Sognava che qualcuno le facesse le coccole e giocasse ad amarla. Ma aveva capito che non era facile. Forse si era confusa, forse aveva confuso qualcuno. Così a volte era paga di piccoli amori. Del salumiere che le faceva un sorriso, delle parole tenere di un'amica lontana, delle bolle di sapone sospese un istante a brillare in terrazzo, delle bocche di leone spuntate nel vaso. E si addomentava, avvolta nella sua impenetrabile coperta azzurra. Che non la si svegli, per favore. (...)

ON/OFF


Sarò una disadattata, ma a me il tripudio di luminarie, che da tempo ha invaso Palermo, mette una grande tristezza. Anziché al Natale, questo cielo di luci mi fa pensare allo sciagurato aumento di anidride carbonica e al conseguente, nefasto, surriscaldamento del pianeta.
Perché tanta ostentazione luminosa? E’ evidente che le migliaia di lampadine intermittenti hanno lo scopo di sponsorizzare i consumi natalizi, invogliando noi palermitani ad acquistare più panettoni e regali. Credo però che ormai le luci non servano più neanche a questo. Il segnale luminoso risulta inutile perché inflazionato, essendo ostentato persino dalle “putìe” più piccole e nascoste. Allora, una modesta proposta ai negozianti palermitani: smorziamo le luci e accendiamole solo la vigilia di Natale. Per dare il benvenuto a Chi, nato nel buio di una grotta, ha sognato, per noi, solo amore e solidarietà. E sicuramente anche la cura, amorevole e attenta, per la nostra Madre Terra.

“Centonove”: 12.12.08

LA CURA


Donna lavoratrice, sono casalinga solo part-time. A casa mia, i mobili non sono mai perfettamente spolverati, la stiratura delle camicie difetta alquanto, le stanze hanno spesso l’aspetto di luoghi abbandonati in fretta per un’improvvisa emergenza. Guardo ammirata le case linde e ordinate delle casalinghe a tempo pieno: vetri splendenti, macchina del gas tirata a lucido come nuova, profumo di torta in cucina. Con ancor maggiore ammirazione, constato che in tante fanno questo per figli e marito con in mano un solo stipendio.
E mi chiedo: se si applicassero l’energia operosa e la cura attenta di queste splendide donne, che (pagando pure l’affitto!) sanno arrivare a fine mese con 1.600 euro, si potrebbe forse operare il miracolo di far quadrare il bilancio di una municipalizzata o di un Comune. E persino a tenere pulita Palermo, se la si considerasse, con uno sguardo attento e affettuoso, solo la nostra casa più grande.

Centonove”, 28.11.08

DOPPIO VELO


Da ecologista dilettante, quando compro la carta igienica, faccio attenzione a due cose: che sia un prodotto da “filiera corta”, cioè che sia fabbricata a Palermo o in un luogo a essa molto vicino, per evitare l’inquinamento dovuto al trasporto dal luogo di produzione a quello di vendita, e che non sia un articolo pubblicizzato, perché la pubblicità alla fine la paghiamo noi consumatori.
E non bado affatto a parametri che – ahimè – da tante mie conterranee sono ritenuti importantissimi: il doppio o triplo velo, la morbidezza, la presenza di disegnini nella carta, il leggero profumo emanato...
Mi chiedo se non siamo un po’ fuori di testa a essere maniacalmente attente alle caratteristiche di un pezzo di carta destinato a finire nel cesso, e a essere nel contempo colpevolmente distratte per la qualità di frutta e verdura, spesso sature di pesticidi e veleni, destinati a rimanere per sempre nel nostro corpo.

“Centonove”, 21.11.08

DUE EURO


“Due euro! Tanto mi è costato al mercatino questo giubbotto jeans…” mi ha comunicato, raggiante, una mia conoscente. La frettolosità dell’incontro, l’autentica soddisfazione espressa dalla signora, una certa mia riluttanza ad apparire “fuori dal coro” mi hanno impedito di esprimerle il grande disappunto per la transazione commerciale apparentemente tanto vantaggiosa.
Vantaggiosa per chi? Non certo per chi ha prodotto il giubbotto, uno dei tanti nuovi schiavi che avrà guadagnato pochi centesimi per la manifattura. Non di sicuro per la nostra madre terra, depredata, inquinata, violentata da un uso così rapace e distruttivo delle sue risorse. Neppure per il commerciante del mercatino, che avrà guadagnato in tutto forse 50 centesimi.
Vantaggioso per la mia conoscente, direte. Ma già ne aveva altri, di giubbotti. Certo potrà pavoneggiarsi con il nuovo. Dubito però che sarà considerevolmente salita la colonnina della sua felicità personale. Un giubbotto, due euro: forse non ne vale la pena.
(“Centonove”, 14.11.08)